Nel fornire riscontro ad un quesito concernente le condizioni di incentivabilità delle funzioni tecniche, il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibile ha rammentato che le risorse del fondo ex art. 113, comma 3, del Codice sono ripartite sulla base di apposito regolamento adottato dalle amministrazioni aggiudicatrici secondo i rispettivi ordinamenti, tra i dipendenti che hanno svolto le attività per le quali è riconosciuto l’incentivo. Ferma restando, pertanto, la discrezionalità del singolo ente nella definizione delle modalità di riparto delle somme anzidette, in assenza di apposita regolamentazione sul punto, si ritiene opportuno, in linea con l’orientamento della giurisprudenza contabile, che l’erogazione dell’incentivo sia subordinato al completamento dell’opera o all’esecuzione della fornitura o del servizio oggetto dell’appalto nel rispetto dei costi e dei tempi prestabiliti. Ciò in quanto, dalla formulazione del già richiamato comma 3 dell’art. 113 del Codice, si evince l’obbligo, in capo all’amministrazione aggiudicatrice, di stabilire i criteri e le modalità per la riduzione delle risorse finanziarie connesse alla singola opera o lavoro a fronte di eventuali incrementi dei tempi o dei costi non conformi alle disposizioni di legge.
Rispondendo ad un altro quesito riguardante la corretta interpretazione della locuzione “attività di programmazione della spesa per investimenti”, i tecnici del Ministero hanno poi evidenziato che la locuzione “attività di programmazione della spesa per investimenti” sia riconducibile all’attività di predisposizione dei programmi di cui all’art. 21 del Codice. È utile precisare, si legge nel parere, che il secondo comma dell’art. 113, con riferimento alle attività di programmazione, espressamente circoscrive le attività incentivabili a quelle che afferiscono alle “spese per investimenti”. In tal senso, la recente giurisprudenza contabile, prendendo le mosse dal disposto normativo ex art. 3, comma 18, della Legge n. 350/2003, il quale fornisce un dettagliato elenco delle “spese di investimento” (tra cui acquisto di impianti, macchinari, attrezzature tecnicoscientifiche, mezzi di trasporto e altri beni mobili ad utilizzo pluriennale), se da un lato riconosce che, nel caso specifico dell’acquisto di beni, ove questi siano sussumibili nell’elencazione predetta ed abbiano determinato un accrescimento del patrimonio dell’ente, tale spesa debba qualificarsi come spesa di investimento, dall’altro esclude che analoga qualificazione possa essere riconosciuta all’acquisto di beni che non presentino dette caratteristiche, né all’acquisto di servizi che, per ovvi motivi, non risultano neanche contemplati nella disposizione summenzionata.
Da ultimo, con specifico riferimento alla disciplina della costituzione e dell’utilizzo del fondo in caso di ricorso a centrali di committenza, il Ministero precisa che un’interpretazione rispettosa del contenuto letterale della normativa di riferimento e maggiormente in linea con l’orientamento maggioritario della giurisprudenza contabile, suggerisce di risolvere l’apparente difformità tra le due fattispecie di cui ai commi 2 e 5 dell’art. 113 del Codice considerando quella di cui al secondo comma come riferita al personale dipendente della centrale unica di committenza che svolge una o più delle funzioni tecniche tassativamente enucleate nella disposizione in parola per conto dell’ente che se ne avvalga. Pertanto, al personale suddetto potrà essere destinata la quota accantonata nel fondo risorse finanziarie, nei limiti e secondo le modalità di cui al regolamento interno. Diversamente, l’incentivo di cui al comma 5 potrà essere riconosciuto, previa richiesta della centrale unica di committenza e nel limite massimo del 25% delle risorse di cui al comma secondo, per le attività svolte dal personale dipendente della centrale unica di committenza nell’ambito delle procedure di acquisizione di lavori, servizi e forniture e, pertanto, per attività che differiscono da quelle indicate nel comma 2.