In tema di tassazione delle aree adibite a parcheggio, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 25548/2022, ha confermato il principio secondo il quale vi è sussistenza del presupposto impositivo se il soggetto concessionario del servizio di gestione dei parcheggi risulta anche detentore dell’area.
Nel caso di specie, la Società ricorrente impugnava un avviso di accertamento TARSU lamentando la carenza del presupposto impositivo in quanto la stessa risulta concessionaria, in forza di un contratto di appalto, del servizio di riscossione dei ticket relativi alle aree adibite a strisce blu, ma non detiene l’area dal momento che gli stalli rimangono nella totale disponibilità del Comune e l’occupazione temporanea viene posta in essere dai singoli cittadini escludendo così anche la sussistenza dei presupposti per il pagamento della TOSAP.
I giudici, nel rigettare il ricorso, hanno evidenziato che i presupposti impositivi che caratterizzano i due tributi sono differenti e che risulta indebita ogni sovrapposizione tra TOSAP e TARI (sebbene la sentenza in commento riguardi la TARSU, la stessa Corte richiama la TARI a cui viene applicato il medesimo principio per invarianza del presupposto impositivo) dal momento che “[…] deve distinguersi tra occupazione di aree con sottrazione all’uso pubblico – che, come precisato anche nella ordinanza n. 16012/2021 costituisce il presupposto della Tosap, e la detenzione di aree rilevante ai fini della tassa sullo smaltimento dei rifiuti. […] Il differente testo delle norme rende evidente che nel primo caso il presupposto impositivo si ha in ragione della sottrazione del bene all’uso pubblico e della sua destinazione ad un uso particolare, nel secondo caso il presupposto impositivo si ha per l’occupazione e l’uso di un bene (dal quale il detentore trae un vantaggio) suscettibile di produrre rifiuti”.
Secondo la Corte è essenziale che vi sia una corretta interpretazione del contratto in essere tra Società e Comune tenendo conto dei differenti presupposti impositivi: nel caso della TOSAP rileva infatti se la Società occupa l’area sottraendola all’uso pubblico ovvero se ad essa sia attribuito il mero servizio di gestione del parcheggio, dovendo ravvisare in quest’ultimo caso una occupazione temporanea ad opera del singolo e non della concessionaria che fa venire meno il presupposto impositivo (la questione era già stata affrontata dalla Suprema Corte con la sentenza 35389/2021 della quale avevamo dato notizia il 12/01/2022, evidenziando come il principio fosse applicabile anche in ambito CUP); ai fini dell’assoggettamento alla TARI, occorre invece considerare se “[…] il titolo riconosca o meno al concessionario una posizione qualificabile come detenzione (di area suscettibile di produrre rifiuti) sia pure nell’interesse del Comune e strumentale all’assolvimento dei compiti previsti dal contratto, nell’esercizio di una attività imprenditoriale con finalità lucrativa (Cass. 15440/2017; Cass. 6571/2020)”.
Nella fattispecie in commento, il giudice ha ravvisato l’attribuzione al concessionario della gestione delle aree con le relative funzioni di custodia: tale fattispecie determina quindi la detenzione delle aree stesse e comporta la soggettività passiva ai fini TARI della Società concessionaria.