Rientra nel divieto di cui all’art. 5, comma 9, del D.L. 6 luglio 2012, n. 95 (convertito nella legge 7 agosto 2012, n. 135), l’incarico di supporto specialistico conferito ad un ex dipendente comunale concernente le stesse aree di competenza per le quali il funzionario stesso ha assicurato il proprio apporto fino al momento del suo collocamento in quiescenza.
Lo ha affermato la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti della Sardegna nella delibera n. 139/2022/PAR.
Ad avviso della Sezione, infatti, per capire se l’incarico rientra o meno nel campo di applicazione della norma dianzi richiamata occorre verificare se l’attività retribuita che si vuole intestare al soggetto esterno già dipendente della stessa Pubblica amministrazione risponda o meno ad una delle fattispecie contemplate dal divieto: questo a prescindere sia dal nomen juris in concreto attribuito dalla stessa all’incarico conferito, ma anche dal rapporto privatistico che ne costituisce il presupposto.
A tale riguardo occorre verificare se l’opera che si intende prestare consista o meno in attività di “consulenza” espressamente vietata dalla normativa in applicazione.
Ebbene, la risposta a tale quesito non può che essere affermativa secondo il Collegio, ove si consideri che il concetto di consulenza implica essenzialmente un supporto professionale svolto a favore di altro soggetto, che necessita di competenza qualificata per essere adiuvato o “formato” in determinate materie specialistiche. Né può dubitarsi che la relativa attività sarebbe corrispondente a quella già in precedenza svolta dall’interessato presso lo stesso comune: ed infatti, per ammissione dell’ente locale, la stessa consisterebbe in un “supporto nelle aree di competenza amministrativa e finanziaria” per le quali il funzionario in questione ha assicurato il proprio apporto fino al momento del suo collocamento in quiescenza, lasciando così un vuoto in organico non altrimenti colmabile.
Va anche precisato che – con riguardo al rapporto privatistico alla base dell’opera prestata, come ravvisato nel parere del Dipartimento della Funzione pubblica n. 6/2014 – la verifica della natura dell’incarico svolto prescinde dalla tipologia del rapporto contrattuale sottostante (rapporto subordinato, rapporto di lavoro autonomo ex art. 2222 c.c. ecc.) giacché quest’ultimo costituisce unicamente un presupposto del primo, essendo prevalente, nella ratio della norma in applicazione, l’effettiva tipologia della prestazione di risultato effettuata.
Infine, per maggiore chiarezza, come più volte è stato specificato dalla giurisprudenza (Sezione di controllo per la Lombardia, deliberazione n. 180 del 6 giugno 2018) l’effetto della normativa in applicazione ha portata generalizzata; mentre, a titolo esemplificativo, esulano dall’ambito del divieto di conferire consulenze retribuite, gli incarichi di docenza e quelli di membro di commissioni esaminatrici, i quali non possono essere in alcun modo assimilati ad attività interne all’ente che possono, invece (nell’ottica almeno teorica e programmatica del legislatore), essere assicurate col ricambio generazionale.