Come noto, in linea generale il diritto al compenso per il lavoro straordinario presuppone sempre la previa autorizzazione dell’ente (cfr. Cass. n. 2709/2017; Cass. n. 2737/2016; Cass. n. 20789/2007); attraverso quest’ultima, infatti, la P.A., nel rispetto dei principi costituzionali dettati dall’art. 97 Cost., persegue gli obiettivi di efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa di cui all’art. 2, comma 1, lett. a) del d.lgs. n. 165 del 2001, in quanto l’autorizzazione medesima implica innanzitutto la valutazione sulla sussistenza delle ragioni di interesse pubblico che rendono necessario il ricorso a prestazioni straordinarie e comporta, altresì, la verifica della compatibilità della spesa con le previsioni di bilancio, compatibilità dalla quale non si può prescindere in tema di costo del personale, come reso evidente dalle previsioni dettate dagli artt. 40 e seguenti del d.lgs. n. 165 del 2001, nelle diverse versioni succedutesi nel tempo (Cass. 41251/21, cit.; nello stesso senso si era pronunciata anche la giurisprudenza del giudice amministrativo: cfr., fra le altre, Cons. Stato, Sez. III, 16-01-2013, n. 227; Cons. Stato, Sez. VI, 9 novembre 2010 n. 8626; Cons. Stato, Sez. III, 15 febbraio 2012 n. 783, secondo cui la formale autorizzazione costituisce, per la P.A. e per il dirigente del servizio cui è assegnato il dipendente che svolge il lavoro straordinario, assunzione di responsabilità gestionale e contabile da cui non si può prescindere).
Ciò detto, l’assegnazione non occasionale e sistematica del lavoratore all’espletamento di un certo numero di ore in eccedenza rispetto all’orario contrattuale, in osservanza di una pianificazione dei turni di lavoro alla stregua di un’organizzazione preordinata dai dirigenti responsabili, ben può costituire indice rivelatore dell’esistenza di un’autorizzazione implicita al lavoro straordinario.
Ciò è quanto emerge dalla lettura dell’ordinanza della Sezione Lavoro della Cassazione n. 23506 del 27 luglio 2022.
Nel caso di specie, infatti, la pianificazione dei turni di lavoro era tale da prevedere di per sé, automaticamente, il necessario sforamento dell’orario normale, sicché quei turni (per come predisposti) si traducevano di fatto, più che in un’autorizzazione, addirittura nell’imposizione dello straordinario.
E, del resto, neppure l’interpretazione del combinato disposto degli artt. 38 del CCNL del 14 settembre 2000 e 14 del CCNL del 1° aprile 1999 può ostare alla remunerabilità dello straordinario laddove (beninteso) esso sia stato comunque previamente autorizzato dal dirigente responsabile, seppure in violazione della legge o del contratto.
Da segnalare, infine, anche l’interessante osservazione espressa dalla Corte territoriale nel giudizio di secondo grado, la quale ha evidenziato che l’attività prestata oltre l’orario normale non poteva essere remunerata con il compenso previsto per i c.d. progetti obiettivo, atteso che quest’ultimo tende a incentivare il risultato raggiunto e non a compensare la quantità delle prestazioni e quindi lo svolgimento di lavoro straordinario, talché «la corresponsione del primo non esclude la spettanza dell’altro in virtù della previsione dell’art. 36 Cost. che, stabilendo una retribuzione proporzionata alla quantità del lavoro prestato, riconosce il diritto alla remunerazione dello straordinario».