Con l’ ordinanza 13332 del 28 aprile 2022, la Cassazione ha chiarito i limiti dell’esercizio del potere di autotutela da parte dell’Amministrazione precisando che “è pacifico per questa Corte che l’Amministrazione possa esercitare il proprio potere di autotutela in favore del contribuente, con il solo limite dell’esistenza del giudicato, ma vi sono anche pronunce di legittimità che consentono all’Amministrazione di esercitare il potere di autotutela anche a danno del contribuente, sia quando vi sia stato l’annullamento di un avviso di accertamento, poi, nuovamente emesso emendato dai vizi che lo inficiavano, sia quando già si sia consolidato un affidamento di questi per l’avvenuto conseguimento di un provvedimento favorevole ampliativo della sfera giuridica del privato”.
Prosegue la Corte precisando inoltre che “l’Amministrazione può annullare l’atto illegittimo e sostituirlo con un altro di contenuto sostanzialmente identico, ma privo dei vizi originari – (…) anche durante il giudizio di impugnazione proposto contro detto atto, trovando il suo fondamento nel cd. “principio di perennità” della potestà amministrativa, che, tuttavia, incontra i limiti dell’eventuale giudicato sul merito dell’impugnazione dell’atto oltre che del decorso del termine di decadenza per l’attività di accertamento o riscossione e del diritto di difesa del contribuente (Cass., sez. 5, 20 marzo 2019, n. 7751)”.
Ne deriva che l’esercizio del potere di autotutela è, in linea di principio, espressione di un potere amministrativo finalizzato alla corretta applicazione dei tributi, così come stabilito dalla legge e l’adozione del provvedimento non genera alcuna responsabilità, purché sia adeguatamente motivato. Può essere esercitato dall’Amministrazione finanziaria, su richiesta del contribuente o su iniziativa dello stesso ufficio, per annullare o rettificare un proprio atto affetto da vizi. Partendo da tale presupposto l’annullamento o la rettifica di un accertamento in autotutela sono attività consentite all’Ente in qualsiasi momento, pertanto sia nell’ambito dei procedimenti amministrativi in corso, sia in pendenza di giudizio, ed anche laddove l’atto da riesaminare o annullare in autotutela sia divenuto definitivo, per mancata impugnazione. Tuttavia, quando si procede all’annullamento o alla sospensione in pendenza di giudizio occorre informare sia il soggetto interessato sia il giudice presso cui pende la controversia.
Il solo limite dell’esercizio di tale potere, secondo la Cassazione, è il giudicato sostanziale, ossia l’intervento di una sentenza non più impugnabile con i mezzi ordinari che non abbia pronunciato solo su questioni di rito e il decorso del termine di decadenza per l’attività di accertamento o riscossione e del diritto di difesa del contribuente.