Con l’ordinanza n. 17320 del 27 maggio 2022, la Sezione Lavoro della Cassazione ha rammentato che l’atto di conferimento di incarichi dirigenziali richiede un’adeguata motivazione delle ragioni per cui il candidato selezionato sia stato prescelto all’esito della valutazione comparativa con gli altri candidati.
Costituisce infatti orientamento consolidato quello per cui «in tema di impiego pubblico privatizzato, nell’ambito del quale anche gli atti di conferimento di incarichi dirigenziali rivestono la natura di determinazioni negoziali assunte dall’amministrazione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro, le norme contenute nell’art. 19, comma 1, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, obbligano l’amministrazione (…) anche per il tramite delle clausole generali di correttezza e buona fede (art. 1175 e 1375 c.c.), applicabili alla stregua dei principi di imparzialità e di buon andamento di cui all’art. 97 Cost. (…), a valutazioni anche comparative, all’adozione di adeguate forme di partecipazione ai processi decisionali, e ad esternare le ragioni giustificatrici delle scelte; laddove, pertanto, l’amministrazione non abbia fornito nessun elemento circa i criteri e le motivazioni seguiti nella scelta dei dirigenti ritenuti maggiormente idonei agli incarichi da conferire, è configurabile inadempimento contrattuale, suscettibile di produrre danno risarcibile» (Cass. 14 aprile 2008, n. 9814, cui hanno poi fatto seguito, in senso conforme, Cass. 12 ottobre 2010, n. 21088, Cass. S.U., 23 settembre 2013, n. 21671 e, più di recente, Cass. 2 febbraio 2018, n. 2603). D’altra parte, deve ritenersi che il requisito motivazionale, ove riferito ad una valutazione comparativa, per essere soddisfatto necessiti l’esplicitazione non solo delle qualità che caratterizzano la posizione del prescelto, ma anche di quelle degli altri candidati e delle ragioni per le quali, rispetto alle qualità valorizzate, essi siano stati scartati.
È intrinseco al derivare di tale requisito dal principio di correttezza e buona fede il fatto che il corrispondente adempimento non possa essere assolto in via meramente formale, dovendo invece rendere chiari i profili cui discrezionalmente si è ritenuto di attribuire preponderanza e, poi, le ragioni per cui, rispetto a tali profili, gli altri concorrenti fossero da ritenere meno preferibili (Cass., n. 6485 del 2021).
Nel caso in cui la motivazione sia mancante o non esprima validamente neppure i criteri su cui la P.A. ha ritenuto di fondare la scelta, non potrà che procedersi apprezzando ex novo, in via comparativa i curricula, accertando quindi se chi agisce avesse una significativa probabilità di essere prescelto e, in caso positivo, calcolando il risarcimento in misura tale da tener conto dell’incertezza comunque sussistente in un giudizio non solo prognostico, ma anche in sé ipotetico. Qualora la motivazione assunta dalla P.A. contenga, invece, almeno una valida espressione dei criteri di merito valorizzati e posti a fondamento della nomina, essendo necessario rispettare la sfera decisionale esclusiva della P.A., l’apprezzamento non potrà invece che riguardare, più limitatamente, la possibilità, ancora secondo criteri di significativa probabilità, che il corretto adempimento, e quindi la valutazione comparativa delle posizioni dei candidati esclusi in relazione ai medesimi titoli valorizzati per il prescelto, potesse portare, nei loro confronti, ad un diverso esito, su cui fondare il ristoro.