La Sezione regionale di controllo per la Lombardia della Corte dei conti, con la recentissima deliberazione n. 31/2022 PAR, ha espresso il proprio orientamento rispetto al caso presentato da un Comune, il quale aveva formulato richiesta di parere circa la sostenibilità di un intervento di soccorso finanziario a favore della propria società interamente partecipata (in liquidazione), obbligata a sostenere spese di soccombenza in una causa di responsabilità, preventivamente autorizzata dallo stesso Comune in sede di assemblea societaria.
I magistrati contabili dopo un’ampia ricognizione del quadro normativo e giurisprudenziale inerente il tema del soccorso finanziario nei confronti delle società pubbliche (c. 5 art. 14 D. Lgs. 175/2016) hanno ribadito l’impossibilità di qualsivoglia intervento di sostegno in tutti quei casi in cui non si rilevino possibilità di recupero dell’economicità e dell’efficienza della gestione da parte della società beneficiaria. Particolarmente interessante la massima ricavabile dalla posizione espressa dalla Sezione regionale in merito al caso in esame, che di seguito riportiamo: “in un’ottica di abbandono della logica del salvataggio a tutti i costi di strutture e soggetti in condizioni di precarietà economico-finanziaria, è esclusa l’ammissibilità di interventi a sostegno di organismi partecipati mediante erogazione o, comunque, dispendio di disponibilità finanziarie a fondo perduto, senza possibilità di deroghe o eccezioni riferibili ad altre variabili, quali la natura o tipologia delle spese da ripianare ovvero il comportamento del socio in sede di assemblea.
Un ente locale che intenda assorbire a carico del proprio bilancio i risultati negativi della gestione di un organismo partecipato è tenuto unicamente a dimostrare lo specifico interesse pubblico perseguito in relazione ai propri scopi istituzionali, evidenziando le ragioni economico-giuridiche dell’operazione.
La regola aurea vigente è che il soccorso finanziario è ammesso solo nella prospettiva di recupero dell’economicità e dell’efficienza della gestione dei soggetti beneficiari, escludendo ripiani a consuntivo.
Altre considerazioni, di natura metagiuridica, restano prive di qualsivoglia rilievo.
Sarebbe arduo spiegare in termini di razionalità economica l’eventuale decisione di un Ente che, in caso di protratta incapienza del patrimonio sociale, si accolli l’onere dei debiti di una società che non può assicurare alcuna prospettiva di una più efficiente prosecuzione dell’attività sociale di pertinenza.
L’Ente che, in ipotesi, procedesse in tal senso, dovrebbe congruamente motivare in ordine alle diverse valutazioni di utilità in cui ritenesse di rinvenire il concreto interesse pubblico idoneo a giustificare l’implicita rinunzia al vantaggio della limitata responsabilità patrimoniale della sua veste di socio.”