Così come è sindacabile da parte della Magistratura contabile la scelta di addivenire ad una transazione palesemente svantaggiosa per l’amministrazione (cfr. ex multis Corte dei conti, Sez. giur. Lombardia, sent. 31 luglio 2016, n. 127; Sez. giur. Campania, sent. 29 febbraio 2012, n. 250; Sez. giur. Abruzzo, sent. 5 gennaio 2012, n. 1), altrettanto sindacabile è la scelta di non concludere una transazione palesemente vantaggiosa, in applicazione dell’ancor più generale principio in base al quale il limite all’insindacabilità delle scelte discrezionali della Pubblica Amministrazione risiede nella “esigenza di accertare che l’attività svolta si sia ispirata a criteri di ragionevole proporzionalità tra costi e benefici” (Corte dei conti, Sez. III, sentt. 9 luglio 2019, n. 132 e 30 luglio 2019, n. 147; Sez. II, sent. 13 febbraio 2017, n. 91).
È quanto precisato dalla Sezione giurisdizionale della Corte dei conti dell’Umbria nella sentenza n. 9/2022.
In questo caso il danno risarcibile va identificato nel differenziale tra il costo che l’ente ha dovuto sostenere a seguito della soccombenza nel contenzioso e quanto avrebbe potuto essere pattuito per definire la controversia in via bonaria.