Con sent. 145/2022, il TAR Emilia Romagna-Bologna ha ritenuto illegittimo il regolamento comunale con il quale il Comune pretendeva dai gestori degli impianti di telefonia il pagamento di un Canone per l’occupazione di suolo pubblico ad hoc e in misura sproporzionata rispetto al passato e rispetto a limiti stabiliti dalla legge.
Richiamando alcune pronunce precedenti, i giudici amministrativi bolognesi precisano che “[…] la presenza di un diverso assetto convenzionale, che preveda il pagamento di canoni concessori eccedenti il limite legale del valore di Tosap e Cosap si tradurrebbe in uno strumento elusivo del paradigma normativo, che a tutela di interessi primari limita l’onere economico del concessionario”. In altre parole quindi “non possono essere chiesti oneri e canone diversi o in misura superiore a quella normativamente predeterminata” (TAR Emilia Romagna-Bologna, sez. II 890/2021).
Infatti, la norma di riferimento posta a sostegno di questa conclusione, l’art. 93 D.Lgs. 259/2003 Codice delle comunicazioni elettroniche (CCE), prevede un “[…] radicale divieto per le amministrazioni di imporre, per l’utilizzazione del suolo pubblico da parte degli operatori che intendano ivi eseguire interventi di installazione delle reti di telecomunicazioni, prestazioni patrimoniali diverse e aggiuntive rispetto al pagamento della TOSAP o del COSAP, fermo restando l’onere degli operatori di tenere gli enti interessati indenni dalle spese necessarie (sotto ogni profilo, anche della sicurezza) per la sistemazione delle aree pubbliche coinvolte dagli interventi di installazione e manutenzione e di ripristinare a regola d’arte le aree medesime nei tempi stabiliti dagli enti stessi […]” (TAR Lazio-Roma, sez. II bis, 11489/2021).
La previsione di cui all’art. 93 CCE costituisce quindi espressione di un principio fondamentale dell’ordinamento di settore delle telecomunicazioni, in quanto persegue, da una parte l’agevolazione della creazione di un sistema uniforme di telecomunicazioni, e dall’altra, la finalità di garantire a tutti gli operatori un trattamento uniforme e non discriminatorio.
Alla luce di questi principi quindi, è da considerare illegittimo il regolamento comunale nella parte in cui prevede che la tariffa applicata ai suddetti operatori economici (anche in seguito di applicazione di un coefficiente moltiplicatore elevato) comporti un risultato finale maggiore e sproporzionato rispetto ai limiti stabiliti dalla norma. Infatti, se così non fosse, “[…] Ogni singola amministrazione dotata di potestà impositiva potrebbe liberamente prevedere obblighi pecuniari a carico dei soggetti operanti sul proprio territorio, con il rischio di una ingiustificata discriminazione rispetto ad operatori di altri contesti territoriali […]”. Pertanto “[…] resta preclusa alle amministrazioni locali nella definizione della regolazione convenzionale del rapporto l’introduzione di previsioni che, imponendo oneri o canoni eccedenti il limite legale del valore Tosap ovvero, alternativamente, Cosap si traducono in uno strumento elusivo del paradigma normativo che limita l’onere economico del concessionario a tutela di interessi primari”.
Le conclusioni cui giungono i Giudici amministrativi confermano quindi che, in ambito Canone unico, la tariffa applicabile sia solo quella pari ad € 800,00 prevista dall’art. 1 co. 831 bis L. 160/2019 introdotto con il D.L. 77/2021, quale, per espressa previsione legislativa, non è modificabile dagli Enti. L’impossibilità di applicare alle antenne oneri ulteriori rispetto alla tariffa imposta dalla norma avrà quindi significative ricadute sulle entrate comunali, che si sommano a quelle già derivanti dall’unificazione dei vecchi prelievi soppressi dal Canone patrimoniale.