Con sentenza n. 7/2022, la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti del Piemonte ha ravvisato gli estremi della responsabilità amministrativa a carico del Presidente di una Provincia in conseguenza della sottoscrizione da parte sua di un accordo transattivo con i dirigenti dell’Ente per la rideterminazione del loro fondo del salario accessorio.
La Sezione ha infatti ricordato che la scelta di addivenire ad una transazione è sindacabile ove illegittima o illogica, dannosa ovvero diseconomica e che “l’irragionevolezza della scelta e la correlata negligenza nella definizione transattiva di una lite contenziosa può ravvisarsi soltanto qualora la pretesa azionata sia palesemente infondata” (in termini, Corte dei conti, Sez. II d’Appello, sentenza n. 250/2018). Detto in altri termini, va esclusa una responsabilità ove il giudizio prognostico in merito all’esito di un contenzioso presenti elementi di obiettiva incertezza e possa ragionevolmente condurre ad una definizione transattiva.
Nel caso di specie le argomentazioni della difesa non sono parse convincenti ai Giudici contabili e ciò in considerazione del fatto che il ricorso giudiziario proposto dai dirigenti doveva ritenersi, con una valutazione naturalmente meramente prognostica, del tutto infondato.
Per di più, si legge nella sentenza, non consta agli atti alcun tipo di valutazione prognostica di fondatezza del ricorso introduttivo, precedente e fondante la decisione di addivenire all’accordo transattivo del settembre 2015. Se è vero che “non può condividersi l’assunto secondo cui la mancata esternazione della valutazione nel contesto dell’atto transattivo equivale alla mancata ponderazione degli interessi in gioco” (sent. n. 250/2018 cit.), cionondimeno nella fattispecie in esame non solo non risulta agli atti alcuna preventiva istruttoria o parere legale o intervento del giudicante in sede di tentativo di conciliazione che possa aver indotto la convenuta a ritenere la possibile fondatezza del ricorso introduttivo, ma neppure la difesa della stessa convenuta ha svolto considerazioni alcune su tale aspetto. In un simile quadro probatorio, a fronte della palese legittima riduzione delle risorse operata dall’Ente nel corso del 2012, il successivo incremento concesso con l’accordo transattivo del 2015, in apparente difetto di qualunque qualificata valutazione prognostica, rende la scelta transattiva illegittima e foriera di danno erariale.
In questo caso il Collegio ha per altro anche disatteso l’eccezione di parte convenuta in ordine alla non attualità del danno per via della possibilità di un suo recupero secondo le ordinarie tutele civilistiche.
Il sistema giuridico vigente, infatti, prevede concomitanti procedure finalizzate a perseguire il ristoro dell’Amministrazione che abbia subito un danno, ciascuna autonomamente attivabile ma senza che l’iniziativa dell’Amministrazione (o, come nella fattispecie, la futura e doverosa iniziativa dell’Amministrazione) possa precludere l’azione per danno erariale (in termini, cfr. Corte conti Sicilia, n. 157/2020, e Corte conti Veneto, n. 98/2015).
Il diritto azionato dal P.M. contabile, invero, pur traendo origine dal medesimo fatto lesivo dei beni e degli interessi pubblici, si distingue dal diritto di credito, di natura civilistica, di cui è titolare la singola Amministrazione e che questa può direttamente far valere nei confronti del responsabile dell’evento dannoso con gli strumenti di autotutela di cui dispone (revoca del provvedimento in autotutela, iscrizione a ruolo del credito, esecuzione esattoriale, ecc.).
Il giudizio di responsabilità amministrativa, riservato in via esclusiva al P.M. contabile, non può dunque essere inibito da iniziative, processuali e non, dell’Amministrazione danneggiata: la Procura contabile, infatti, opera su un piano diverso da quello su cui si muove l’Amministrazione, non essendo il giudizio contabile finalizzato solo a farle conseguire un titolo esecutivo per la reintegrazione patrimoniale, ma anche ad accertare l’esistenza di comportamenti illeciti, connotati da dolo o colpa grave, imputabili ad un determinato soggetto nell’ambito di un rapporto con la P.A. (cfr. Sez. App. Sicilia n. 131/2013).
Ciò non significa ammettere, ovviamente, una duplicazione del risarcimento.
D’altra parte, ai fini della configurazione del danno neppure occorre che questo “sia anche irreversibile, nel senso che non è necessario che il pregiudizio risulti non sanabile mediante il ricorso ad altri meccanismi satisfattori della pretesa creditoria. Danno azionabile, infatti, va considerato anche il pregiudizio che possa ottenere ristoro in esito a rimedi di carattere amministrativo o contenzioso” (Corte conti Sicilia, n. 157/2020).