Con sentenza n. 29283/2021, la Cassazione ha stabilito che, ai fini del riconoscimento della ruralità degli immobili, non conta la loro destinazione effettiva ma soltanto la classificazione A6 (per l’abitativo) ovvero D10 (per la destinazione speciale).
La questione muoveva dall’impugnazione di un avviso di accertamento ICI emesso da un Comune nei confronti di società cooperativa agricola, la quale sosteneva di non dover versare nulla in riferimento ad alcuni immobili posseduti alla luce del fatto che, a decorrere dall’anno 2005, a seguito della modifica dell’art. 9 co. 3 bis D.L. 557/ 1993 (introdotto dall’art. 42 bis D.L. 159/2007), era stato esteso il requisito della ruralità anche ai fabbricati delle cooperative agricole, di trasformazione e conservazione dei prodotti conferiti dai soci.
Il principio ribadisce quanto in precedenza affermato dalle Sezioni Unite con sentenza n. 18565/2009, secondo cui “in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l’immobile che sia stato iscritto nel catasto fabbricati come rurale, con l’attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dal D.L. n. 557 del 1993, art. 9, conv. con L. n. 133 del 1994, e successive modificazioni, non è soggetto all’imposta ai sensi del combinato disposto del D.L. n. 207 del 2008, art. 23, comma 1 bis, convertito con modificazioni dalla L. n. 14 del 2009, e del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. a). L’attribuzione all’immobile di una diversa categoria catastale deve essere impugnata specificamente dal contribuente che pretenda la non soggezione all’imposta per la ritenuta ruralità del fabbricato, restando altrimenti quest’ultimo assoggettato ad ICI: allo stesso modo il Comune dovrà impugnare l’attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10 al fine di potere legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’imposta“.