La recente sentenza del Consiglio di Stato n. 7093/2021, che ha ritenuto sostenibile la configurazione di un rapporto in house providing pur in presenza di partecipazioni cd “pulviscolari”, ha evidenziato un importante presupposto per verificare l’effettivo esercizio del controllo analogo da parte di un ente locale titolare di una quota di partecipazione minima in una società in house providing: tale presupposto risiede nel riconoscimento, in capo ad ogni socio, di poteri inibitori unitamente alla possibilità di recedere dal contratto di affidamento in house, per il caso in cui gli amministratori della società partecipata intendessero assumere iniziative o decisioni contrastanti con gli interessi dell’ente locale direttamente interessato al servizio.
Accanto alla suddetta condizione, che a parere di chi scrive è da ritenersi essenziale in coerenza con quanto richiesto dal c. 2 dell’art. 192 del D. Lgs. 50/2016 circa la congruità dell’affidamento, i giudici hanno individuato nello statuto, negli organi dallo stesso previsti e negli atti regolamentari adottati dalla società, ulteriori elementi di governance attestanti la possibilità di esercitare un effettivo controllo analogo da parte dei singoli soci, pur se titolari quote minime; in proposito si riporta estratto della Sentenza in oggetto:
“- le disposizioni statutarie e regolamentari sulla composizione, il funzionamento e i poteri degli organi societari, ed in particolare del Comitato unitario per il controllo analogo, del Comitato tecnico di controllo e dell’Assemblea sociale, consentono l’effettivo esercizio del controllo analogo congiunto ai Comuni affidanti;
-il Regolamento, già approvato dagli organi societari, ne completa la disciplina;
– i poteri deliberativi dell’assemblea dei soci sono fortemente limitati dalle prerogative del Comitato, mediante i quali è esercitato il controllo analogo;
– risulta coerente con tale assetto la scelta di tener fermo l’ordinario principio della deliberazione a maggioranza azionaria in sede assembleare;
– la previsione che attribuisce al Comitato, cui partecipano tutti i Comuni affidanti con proprio rappresentate, di proporre (id est, designare) i membri dell’assemblea, del consiglio di amministrazione, del collegio sindacale nonché l’amministratore unico (oltre che il revisore contabile) dà piena attuazione alla prescrizione di cui all’art. 5, comma 5, d.lgs. n. 50 del 2016, che pone quale prima condizione per l’esercizio del controllo analogo congiunto, la presenza di rappresentanti delle amministrazioni aggiudicatrici all’interno degli organi decisionali della società.
– i poteri inibitori (id est, di veto) e la possibilità di recedere dal contratto di affidamento in house, per il caso in cui venissero assunte iniziative o decisioni contrastanti con gli interessi dell’ente locale direttamente interessato al servizio, consentono, di fatto, al Comitato di deliberare in senso contrario all’atto del Consiglio di amministrazione e di attivare, eventualmente, le regole di responsabilità degli amministratori (art. 14-bis dello Statuto);
– la previsione di un Comitato tecnico, individuato dal Comitato per il controllo analogo, cui delegare alcune delle funzioni spettanti al Comitato, completa in maniera adeguata il novero dei poteri di ingerenza riconosciuti al socio pubblico.
Le prefate considerazioni non possono essere superate dalla circostanza che la partecipazione azionaria del Comune sarebbe minimale.
La Sezione non ignora che Consiglio di Stato ha sottolineato come una partecipazione “pulviscolare” sia in principio inidonea a consentire ai singoli soggetti pubblici partecipanti di incidere effettivamente sulle decisioni strategiche della società, cioè di realizzare una reale interferenza sul conseguimento del c.d. fine pubblico di impresa in presenza di interessi potenzialmente contrastanti.
Tuttavia, lo stesso Consiglio ha. al contempo, chiarito che i soci pubblici ben possono sopperire a detta debolezza stipulando patti parasociali al fine di realizzare un coordinamento tra loro, in modo da assicurare il “loro controllo sulle decisioni più rilevanti riguardanti la vita e l’attività della società partecipata” (cfr Cons. St., sez. V, 23 gennaio 2019, n. 578).”