Con la recente ordinanza n. 29198 del 20 ottobre 2021, la Suprema Corte di Cassazione ha ribadito il principio di diritto secondo il quale il concetto di assistenza rilevante ai fini della fruizione dei permessi ex art. 33 I. n. 104/1992 supera la semplice e materiale attività consistente nell’accudire il soggetto disabile, dovendo quel concetto ricomprendere ogni attività che l’assistito non può compiere autonomamente, in quanto funzionale all’interesse del medesimo.
Tale pronunciamento, dunque, si pone in linea con una collaudata giurisprudenza, supportata anche da recenti pronunciamenti della Corte dei conti, che portano ad affermare che il concetto di assistenza a persona disabile con handicap grave, sia nell’ambito dell’istituto previsto dalla Legge n.104/1992, sia in quello di cui al D.Lgs. n.151/2001, ai fini della concessione al dipendente pubblico dei relativi permessi, non va inteso come vicinanza continuativa ed ininterrotta alla persona disabile, atteso che la cura di un congiunto affetto da menomazioni psico-fisiche, non in grado di provvedere alle esigenze fondamentali di vita, spesso richiede interventi diversificati, non implicanti la vicinanza continuativa allo stesso, a condizione che venga assicurata una stretta correlazione causale tra assenza dal lavoro e cura del soggetto bisognoso (si v. la sentenza n. 261/2021 della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Lombardia).
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