Nei nuovi Piani Finanziari la cui predisposizione, per l’anno 2022, è ormai prossima all’avvio, i soggetti coinvolti dovranno considerare l’opportunità di poter valorizzare altre voci previsionali introdotte dal nuovo MTR-2.
L’Autorità infatti introduce l’art. 9 dell’Allegato A alla Delibera 363/2021 dividendolo in tre commi, ognuno dei quali dedicato ad una componente di costo previsionale: sebbene le prime due componenti elencate siano elementi di novità per il nuovo Metodo Tariffario Rifiuti, la terza, relativa ai , rappresenta una riconferma di quanto già contenuto ed applicato nel primo periodo regolatorio.
Gli elementi di novità sono connessi alla valorizzazione delle voci:
– , e , riferite alla copertura di eventuali costi, fissi o variabili, connessi all’adeguamento da parte dell’Ente a standard di qualità che l’Autorità provvederà, a stabilire; l’ambizione è quella di voler accompagnare il settore dei rifiuti verso il conseguimento di obiettivi posti dalle politiche europee in campo ambientale. Trattandosi di una componente previsionale, il costo che l’Ente prevede di sostenere nell’anno a (la previsione può essere inserita solo nei Piano Finanziari 2022 o 2023), dovrà essere poi verificato nell’anno a+2 (rispettivamente il 2024 o il 2025). Gli eventuali scostamenti che emergono dal confronto fra le suddette annualità devono essere poi restituiti ai contribuenti. Si tratta di un meccanismo valido solo se applicato a vantaggio degli utenti ai quali, in nessun caso, può essere chiesto, nel 2024 o 2025, un esborso maggiore rispetto alle stime iniziali. Questo aspetto viene ribadito anche dall’art. 18 comma 1, punto e) del MTR-2 quando si prevede, “limitatamente alle annualità = {2024, 2025}, il recupero (solo se a vantaggio degli utenti) dell’eventuale scostamento tra la componente e gli oneri fissi effettivamente sostenuti e rendicontati dal gestore nella medesima annualità per l’adeguamento agli standard e ai livelli minimi di qualità che verranno introdotti dall’Autorità”;
– 116,TV,a e 116,TF,a riferite alla copertura di eventuali scostamenti risultanti fra i valori di costo indicati a previsione ed i costi effettivamente sostenuti e rendicontati per l’adeguamento alle norme introdotte dal decreto legislativo 116/2020. La determinazione di questa componente previsionale, affidata all’attività dell’Ente Territorialmente Competente, è condizionata da due elementi come all’art. 9 comma 1 punti a) e b) dell’allegato A alla Delibera 363/2021, quali:
– gli incrementi o le riduzioni della quantità dei rifiuti gestita che comportano una maggiore o minore attività del gestore della raccolta soprattutto in virtù del nuovo modo di qualificare, oggi, i rifiuti prodotti dalle utenze non domestiche. Il servizio pubblico infatti, in virtù dei nuovi contenuti del D. Lgs. 116/2020 può effettuare da un lato meno passaggi di raccolta (per effetto della fuoriuscita) o effettuarne di più perché, alcuni rifiuti che prima non venivano assimilati agli urbani, ora lo sono in forza sia dell’eliminazione di un limite quantitativo massimo gestibile dal pubblico servizio e sia dell’allegato L-quater al D. Lgs. 152/2006 che ne legittima il conferimento al Gestore individuato dal Comune; “I connessi scostamenti attesi possono essere quantificati dall’Ente territorialmente competente nell’ambito della voce di costo variabile 116,TV,a e della voce di costo fisso 116,TF,a” come ribadito dall’art. 9 comma 1 punto a) del nuovo MTR-2.
– le riduzioni di quantità di rifiuti conferite e gestite dal gestore pubblico, quale effetto diretto della scelta di alcune utenze non domestiche di fuoriuscire dal servizio pubblico (così come da facoltà concessa dal MEF, previa presentazione della propria dichiarazione entro il termine, ormai spirato, del 30 giugno u.s., laddove il Comune con Regolamento non abbia concesso tempistiche maggiori). Sebbene la scelta dell’utente non domestico di fuoriuscire dal servizio abbia una validità quinquennale, egli può, previa richiesta ed accettazione del gestore della raccolta, rientrare nel perimetro di erogazione del servizio. Per concedere tale opportunità, il gestore stesso deve poter valutare e mantenere anche una buona capacità di gestione “di riserva” utile in caso di ripensamenti prematuri. Trattandosi di una voce previsionale essa prevede la stima dei costi per l’adeguamento alle suddette novità introdotte dal decreto legislativo 116/2020 da indicare solo nei Piani Finanziari 2022 e 2023 e la conseguente verifica dell’importo effettivamente speso per tale finalità, nei relativi PEF 2024 e 2025, in quanto a far data dal PEF 2024, quando si rileveranno i costi dell’annualità 2022, tra essi troverà già spazio la situazione aggiornata.
Rispetto a queste due voci che agiscono per il futuro, la voce si pone come punto di raccordo fra la vecchia e la nuova disciplina. Il meccanismo di applicazione di questo costo previsionale, in un’ottica di miglioramento del servizio offerto, prevede che, il Comune individui la necessità di incrementare i costi a consuntivo dell’anno a-2 al fine di coprire il costo del servizio per l’anno a, e intervenga nel PEF, quantificando gli importi necessari correlati ad obiettivi di miglioramento di cui dovrà essere verificato il raggiungimento, a consuntivo, mediante una valutazione degli eventuali scostamenti economici derivanti dalla differenza fra gli importi di spesa originariamente stimati nell’anno a-2 ed i costi effettivamente sostenuti nell’anno a che rendono necessario, solo se a vantaggio dell’utente, un recupero della somma eccedente originariamente stimata.
Lo stesso meccanismo funzionerà anche per i prossimi Piani Finanziari disciplinati dal nuovo metodo: la valorizzazione, nell’anno a (supponiamo 2022) della componente , infatti, comporterà poi una scrupolosa verifica nell’anno a+2 (PEF 2024).