Sono stati pubblicati ieri i risultati del monitoraggio, condotto dall’Aran, sui contratti integrativi sottoscritti dalle pubbliche amministrazioni.
Il Rapporto, giunto alla sua nona edizione, fornisce i dati di sintesi dell’anno 2020 e dedica, inoltre, uno specifico approfondimento alle materie trattate nei contratti dell’anno 2019.
I dati di sintesi 2020 riguardano: il numero totale dei contratti integrativi sottoscritti e trasmessi per il monitoraggio, distribuiti per comparto, il tasso di copertura dei contratti sottoscritti (rapporto tra sedi che hanno effettivamente contratto e sedi “teoriche” di contrattazione), la distribuzione per area geografica, le tipologie di contratto, la composizione della delegazione di parte pubblica, la percentuale di adesione delle RSU, gli atti adottati unilateralmente dalle amministrazioni in caso di mancato accordo.
L’analisi condotta sui contratti dell’anno 2019 ha invece riguardato le materie trattate, al fine di consentire (come richiesto dalla norma di legge che ha introdotto il monitoraggio) una valutazione sulla coerenza delle materie effettivamente contrattate rispetto a quelle previste nei contratti nazionali.
Di seguito, le principali tendenze evidenziate dal Rapporto:
• il 2020 fa registrare una diminuzione del 21% rispetto ai contratti inviati nel 2019, dovuta verosimilmente all’emergenza pandemica; tuttavia, il dato dei contratti inviati resta comunque elevato (13.346 contro i 16.895 del 2019), segno che l’emergenza ha certamente influito ma vi è stata una sostanziale tenuta dell’attività negoziale di secondo livello, con numeri che si confermano comunque importanti;
• anche i tassi di copertura della contrattazione si mantengono su livelli elevati: la copertura, riferita alla contrattazione nelle sedi nazionali o uniche, è del 55% contro il 63% del 2019; va ricordato che i tassi di copertura sono calcolati sui contratti trasmessi e, quindi, il dato potrebbe essere sottostimato, tenuto conto di eventuali contratti sottoscritti, ma non trasmessi;
• gli atti adottati unilateralmente dalle amministrazioni in caso di mancato accordo si confermano su livelli molto bassi: solo l’1,1% (nel 2019 erano lo 0,9%, l’1,2% nel 2018, l’1,5% nel 2017);
• passando all’analisi della distribuzione territoriale, si conferma una maggiore propensione alla contrattazione in alcune regioni del nord e del centro Italia (Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Lombardia; Marche) tutte con percentuali superiori al 50%; valori più bassi si riscontrano invece in Abruzzo, Molise, Calabria che si collocano tra il 30 ed il 40% di copertura delle sedi negoziali;
• si mantiene su livelli elevati il numero degli accordi che coprono più materie e più anni, dato positivo che evidenzia una contrattazione meno frammentata e di più ampio respiro: tale tipologia (indicata nel rapporto come “contratto normativo”) raggiunge una percentuale vicina al 50% (precisamente del 46%); era del 59% nell’anno 2019; va notato, che su questo dato si registrano però forti differenze settoriali: nelle Funzioni centrali vi è un percentuale molto più bassa di “contratti normativi” (solo 8%); nel comparto Istruzione e ricerca, invece, si supera il 60%; percentuali medio-basse in Funzioni locali e Sanità (rispettivamente, 32% e 26%);
• molto elevata anche la percentuale di adesione delle RSU: solo nel 6,5% dei casi la RSU non firma il contratto integrativo;
• si conferma la netta prevalenza di delegazioni datoriali composte solo da dirigenti;
• infine, l’analisi più approfondita sulle materie trattate – che ha riguardato l’anno 2019 – evidenzia una permanente tendenza a contrattare materie oggetto di sola partecipazione, ma con valori più contenuti rispetto ai precedenti rapporti; la definizione di regole chiare e semplici in materia di relazioni sindacali rappresenta, in questo senso, un valore aggiunto per creare un clima di maggiore fiducia e per lo sviluppo di relazioni costruttive e collaborative.