Nei giorni scorsi l’ARAN ha pubblicato nella propria banca due nuovi orientamenti applicativi concernenti la corretta applicazione del CCNL relativo al personale dell’Area delle Funzioni Locali sottoscritto il 17 dicembre scorso.
Questi nuovi orientamenti si aggiungono ai quattro già pubblicati qualche giorno fa sul nostro sito (si veda la nostra precedente news del 16 giugno).
Di seguito i nuovi pareri rilasciati dall’Agenzia.
Qual è la corretta interpretazione a fini applicativi delle disposizioni di cui all’art. 57, comma 3, del CCNL 17/12/2020 relativo all’Area delle Funzioni locali?
Ai fini della corretta interpretazione dell’art. 57, comma 3 del CCNL del 17 dicembre 2020, possono considerarsi confermate alcune indicazioni già espresse da parte della scrivente Agenzia relativamente alle norme contrattuali previgenti, (art. 27, comma 9 e 28, comma 2 del CCNL del 23.12.1999), norme attualmente disapplicate dall’art. 62, comma 1, lett. B), 11° e 12°alinea del nuovo testo contrattuale.
In fase di applicazione della citata norma, pertanto, tenuto conto che le risorse del fondo sono annualmente ed integralmente destinate a retribuzione di posizione e di risultato si precisa che:
a) Retribuzione di posizione.
Eventuali risorse finalizzate a retribuzione di posizione, che in un determinato anno non sia stato possibile utilizzare integralmente per tale finalità, sono destinate ad incrementare la retribuzione di risultato relativa al medesimo anno.
La clausola vincola, in modo espresso, le risorse della retribuzione di posizione non utilizzate in un anno esclusivamente al finanziamento della retribuzione di risultato dei dirigenti nell’anno stesso in cui si è determinato il mancato utilizzo.
Si tratta di un’indicazione di carattere generale che consente di ricomprendervi anche le fattispecie delle posizioni dirigenziali non coperte o temporaneamente vacanti.
b) Retribuzione di risultato.
Su tale aspetto, come noto, il CCNL prevede che “Qualora l’integrale destinazione delle risorse in un determinato anno non sia stata oggettivamente possibile, gli importi residui incrementano una tantum le risorse destinate a retribuzione di risultato del Fondo dell’anno successivo”.
Queste risorse aggiuntive hanno sempre e comunque natura di “una tantum”, nel senso che esse non possono essere considerate come un incremento permanente dell’ammontare delle risorse destinate al finanziamento della retribuzione di risultato.
Si ricorda che, ove il risparmio nella erogazione della retribuzione di risultato derivi dal mancato o solo parziale raggiungimento degli obiettivi nell’anno di riferimento non si ritiene possa essersi verificata una situazione di impossibilità di utilizzo delle risorse.
Inoltre, nella nuova formulazione della norma è espressamente chiarito che il “riporto” all’anno successivo è ammesso solo nel caso in cui l’integrale destinazione delle risorse non sia stata oggettivamente possibile, situazione che non si verifica nella fattispecie prospettata, in cui le risorse sono state integralmente destinate, ma non integralmente pagate.
Qualora, pertanto, gli obiettivi non siano raggiunti in tutto o in parte e, per tale ragione, non sia erogata interamente o anche solo parzialmente, la retribuzione di risultato, le risorse previste per il finanziamento di tale voce retributiva nello stesso anno di riferimento non possono che divenire economie di bilancio e tornare nella disponibilità dell’ente.
In relazione alla disciplina di cui all’art. 30, comma 2 del CCNL 17/12/2020 relativo all’Area delle Funzioni locali, in sede di contrattazione integrativa la disposizione riguardante la “Differenziazione e variabilità della retribuzione di risultato” si deve applicare alla retribuzione di risultato derivante dalla valutazione della performance conseguita dai dirigenti già nell’anno 2020, oppure a quella derivante dalla valutazione della performance conseguita nell’anno 2021, oppure si tratta di un’opzione attribuita alla contrattazione integrativa stessa?
Relativamente alla corretta applicazione delle disposizioni contrattuale contenuta all’art. 30, comma 2, del CCNL del 17 dicembre 2020 relativo alla dirigenza, dedicato alla “Differenziazione e variabilità della retribuzione di risultato”, per quanto di competenza, si rappresenta quanto segue.
Il comma 2 del citato articolo 30 recita testualmente “Nell’ambito di quanto previsto al comma 1, ai dirigenti che conseguano le valutazioni più elevate, in base al sistema di valutazione adottato dall’amministrazione, è attribuita una retribuzione di risultato con importo più elevato di almeno il 30%, rispetto al valore medio pro-capite delle risorse destinate alla retribuzione di risultato. Gli enti che abbiano dato attuazione alla disciplina di cui al comma 5 possono definire un minor valore percentuale, comunque non inferiore al 20%.”.
I successivi commi 3 e 4 precisano che “La misura percentuale di cui al comma 2 è definita in sede di contrattazione integrativa di cui all’art. 45, comma 1, lett. b) e di cui all’art. 66 (Contrattazione integrativa: materie), comma 1, lett. b).” e che “Nelle medesime sedi di contrattazione integrativa di cui al comma 3 è altresì definita una limitata quota massima di dirigenti valutati a cui viene attribuito il valore di retribuzione di risultato definito ai sensi del comma 3.”.
Il richiamato art. 45, rubricato “Contrattazione integrativa: materie”, al comma 1 lettera b), precisa a sua volta che tra le materia oggetto di contrattazione integrativa vi sono i “criteri per la determinazione della retribuzione di risultato, tenendo conto di quanto previsto dall’art. 30”.
Orbene, come si evince chiaramente dalle disposizioni contrattuali sopra citate, l’applicabilità della disposizione in esame è subordinata alla definizione, in sede di contrattazione integrativa, della misura percentuale di differenziazione e della limitata quota massima di dirigenti beneficiari, pertanto la contrattazione integrativa di che trattasi potrà riferirsi soltanto a quella 2021-2023 con riferimento alla retribuzione di risultato legata alla valutazione della performance 2021, i cui criteri devono indubitabilmente essere “predeterminati”.
Per completezza di informazione si tenga conto che il contratto collettivo integrativo ha durata triennale e si riferisce a tutte le materie di cui all’art. 45e che soltanto le materie di cui all’art. 45, comma 1, lett. a), sono negoziate con cadenza annuale.