Con la sentenza n. 18320-21 depositata l’11 maggio, la Corte di Cassazione si è espressa sulla controversa questione della qualificazione di agente contabile di albergatori e gestori di strutture ricettive che incassano e versano al Comune l’imposta di soggiorno, ponendo l’attenzione sul mancato riversamento delle somme riscosse che, in base alle disposizioni regolamentari comunali, potrebbe non configurarsi come reato di peculato.
La giurisprudenza di legittimità era ferma nel ritenere, sulla base della normativa recata dall’art. 4 del d.lgs. 14 marzo 2011 n. 23, che integra il reato di peculato la condotta posta in essere dal gestore di una struttura ricettiva che si appropria delle somme riscosse a titolo di imposta di soggiorno, omettendo di riversarle al Comune e che lo stesso rivesta “la qualità di incaricato di pubblico servizio, anche in assenza di un preventivo, specifico incarico da parte della pubblica amministrazione, qualora avesse proceduto effettivamente e materialmente alla riscossione dell’imposta di soggiorno in considerazione dell’attività prettamente pubblicistica della sua attività direttamente disciplinata dalle norme di diritto pubblico istitutive della relativa imposta. Essenziale, in tale prospettiva, era che fosse costituita una relazione tra ente di pertinenza dell’imposta ed altro soggetto, divenendo agente contabile anche il soggetto che avesse fatto maneggio di denaro pubblico.”
La sentenza impugnata condannava il gestore per delitto di peculato ex art. 314 del codice penale, qualificandolo quale agente contabile e incaricato di pubblico servizio.
Nel mettere in dubbio la decisione del giudice dell’udienza preliminare che si è soffermato sulla disciplina legislativa in una prospettiva generale ed ha, invece, omesso l’esame del Regolamento del Comune, La Suprema Corte afferma che “…non è stato compiutamente esaminato il tema della qualifica soggettiva dell’imputato quale incaricato di pubblico servizio alla stregua del contenuto del Regolamento con il quale il Comune ha disciplinato la materia dei rapporti con i gestori delle strutture alberghiere, Regolamento che concorre alla individuazione delle mansioni e delle funzioni svolte dal gestore della struttura nell’attività di riscossione dell’imposta e del versamento alle strutture comunali e che è stato esaminato dal giudice dell’udienza preliminare secondo una erronea prospettiva di giudizio”.
Il regolamento del Comune in esame, infatti, ferma restando l’indicazione del soggetto passivo dell’imposta nella persona che pernotta nelle strutture ricettive, individua nel gestore l’addetto alla riscossione dell’imposta ma prevede, altresì, che questi risponda “direttamente” del corretto ed integrale versamento della stessa al Comune, illustrandone essenzialmente gli obblighi dichiarativi, i termini di versamento ed il sistema sanzionatorio per omesso, ritardato o parziale versamento. Non si rinvengono, invece, elementi che qualificano i connotati pubblicistici dell’attività svolta dai gestori di strutture ricettive quali soggetti che rispondono direttamente del corretto ed integrale versamento dell’imposta di soggiorno al Comune, dunque in assenza del vincolo di solidarietà e del potere di rivalsa verso il soggetto passivo del rapporto tributario, aspetti, questi essenziali della figura di responsabile di imposta nel diritto tributario.
Lo stesso regolamento configura in capo al gestore della struttura un obbligo “diretto” e lo individua come debitore in proprio di somme nei confronti dell’Ente, obbligo rispetto al quale gli vengono imposti adempimenti di natura squisitamente dichiarativa e tributaria.
La Cassazione conclude ribadendo che “Se è vero che l’art. 358 cod. pen. attribuisce la qualifica di incaricato di pubblico servizio a coloro che, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio, prescindendo dall’esistenza di un rapporto di dipendenza con la pubblica amministrazione, è imprescindibile l’esame dei caratteri qualificanti dell’attività in concreto svolta dai soggetti per definirla pubblico servizio e, altresì, che tale attività non si concreti in semplici mansioni di ordine o si esaurisca in attività di prestazione d’opera meramente materiale e che non si esaurisce nella mera destinazione, a finalità pubbliche, delle somme riscosse.”