“Ai fini della convalida dell’atto viziato da insufficiente motivazione, va posta la distinzione: a) se l’inadeguatezza della motivazione riflette un vizio sostanziale della funzione (in termini di contraddittorietà, sviamento, travisamento, difetto dei presupposti), il difetto degli elementi giustificativi del potere non può giammai essere emendato, tantomeno con un mero maquillage della motivazione: l’atto dovrà comunque essere annullato; b) se invece la carenza della motivazione equivale unicamente ad una insufficienza del discorso giustificativo-formale, ovvero al non corretto riepilogo della decisione presa, siamo di fronte ad un vizio formale dell’atto e non della funzione: in tale caso, non vi sono ragioni per non riconoscersi all’amministrazione la possibilità di tirare nuovamente le fila delle stesse risultanze procedimentali, munendo l’atto originario di una argomentazione giustificativa sufficiente e lasciandone ferma l’essenza dispositiva, in quanto riflette la corretta sintesi ordinatoria degli interessi appresi nel procedimento“.
È quanto emerge dalla sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI, 27 aprile 2021, n. 3385.
E secondo il Collegio, la convalida dell’atto viziato da insufficiente motivazione può essere adottata anche in pendenza di una impugnativa giurisdizionale dell’atto da convalidare ; in tale caso, infatti, l’interessato, con motivi aggiunti, può domandare, sia l’annullamento dell’atto di convalida perché autonomamente viziato ‒ contestandone quindi la stessa ammissibilità ‒, sia l’annullamento dell’atto come convalidato, adducendone la persistente illegittimità.