Riportiamo di seguito alcuni nuovi orientamenti applicativi Aran pubblicati quest’oggi sul sito istituzionale dell’Agenzia.
I pareri in questione attengono tutti alla corretta applicazione del nuovo CCNL relativo al personale dell’Area delle Funzioni Locali sottoscritto il 17 dicembre scorso (per la maggior parte si riferiscono agli effetti del suddetto contratto collettivo sul trattamento economico dei segretari comunali e provinciali).
L’art. 107, comma 2, del CCNL 17.12.2020 relativo all’Area delle Funzioni locali ha modificato la previgente disciplina in materia di comparazione della retribuzione di posizione del segretario con quella attribuita alla funzione dirigenziale o alla posizione organizzativa più elevata nell’ente, c.d. “galleggiamento”: da quale data si deve ritenere che tale modifica divenga efficace?
La normativa prevista dall’art. 107 del CCNL del 17.12.2020, come noto, ha ridisegnato le previgenti disposizioni contrattuali previste in materia di retribuzione di posizione.
In particolare, con il comma 1, sono stati rideterminati, con decorrenza dal 1° gennaio 2018, i valori complessivi annui lordi (espressi per tredici mensilità) della retribuzione di posizione dei segretari comunali e provinciali di cui all’art. 3, comma 6 del CCNL del 1° marzo 2011 così come indicati nella relativa tabella.
In relazione all’istituto del c.d. “galleggiamento”, il comma 2 della medesima disposizione contrattuale, ha modificato la previgente disciplina prevista dall’art. 3, comma 7 del CCNL del 1° marzo 2011 secondo la quale, come noto, ai fini della comparazione della retribuzione di posizione del segretario con quella attribuita alla funzione dirigenziale o alla posizione organizzativa più elevata nell’ente, doveva figurativamente tenersi conto dei più elevati valori di retribuzione di posizione stabiliti dall’art. 3, comma 2, del CCNL del 16 maggio 2001 (biennio economico 2000-2001).
Il richiamato art. 107, comma 2, infatti, prevede espressamente che “ai fini dell’attuazione di quanto previsto dall’art. 41, comma 5 del CCNL del 16.5.2001 il valore retributivo da porre a raffronto con la retribuzione di posizione stabilita nell’ente, per la funzione dirigenziale più elevata o, negli enti privi di dirigenza, per la posizione organizzativa più elevata, è pari alla complessiva ed effettiva retribuzione di posizione del segretario comunale e provinciale, comprensiva delle eventuali maggiorazioni di cui all’art. 41, comma 4 del CCNL del 16/5/2001 e degli incrementi riconosciuti ai sensi del comma 1”.
Secondo tale previsione, pertanto, limitatamente alle disposizioni di cui all’art. 41 comma 5 del richiamato CCNL del 16.5.2001, cessano di essere considerati gli importi “virtuali” previsti dal CCNL del 16.5.2001 trovando applicazione la nuova disposizione contrattuale.
Relativamente alla corretta individuazione della data di decorrenza delle nuove norme introdotte dal CCNL del 17.12.2020, con particolare attenzione agli effetti che la nuova disciplina ha prodotto sugli istituti giuridici ed economici di riferimento, occorre, in primo luogo, aver riguardo al disposto dell’art. 2, comma 2, del richiamato CCNL giusta il quale “Gli effetti decorrono dal giorno successivo alla data di stipulazione, salvo diversa prescrizione del presente contratto.”
Al riguardo, si precisa che, mentre ai fini della rideterminazione dei valori della retribuzione di posizione dei Segretari l’art. 107, comma 1, del CCNL 17.12.2020, espressamente stabilisce una decorrenza alla data del 1° gennaio 2018, nessuna decorrenza specifica è prevista dalle disposizioni dello stesso art. 107, commi 2 e 3, ai fini dell’efficacia della nuova disciplina del c.d. “galleggiamento” (anche in relazione al trattamento economico spettante al titolare di segreteria convenzionata).
Parimenti, l’art. 111, comma 1, lett. a), ultimo alinea, del citato CCNL,che ha disapplicato l’art. 3, comma 7 del CCNL del 1.3.2011 II biennio economico, non prevede una specifica decorrenza, diversa da quella del 18/12/2020.,
Dal combinato disposto delle richiamate norme contrattuali si evince, dunque, che la nuova regola contrattuale del c.d. “galleggiamento” prevista dall’art. 107, commi 2 e 3, è efficace dal 18/12/2020 con la conseguenza che, sino a tale data a tutti i fini continuano a trovare applicazione le disposizioni della citata disciplina previgente in materia.
Sulla base dei suesposti criteri interpretativi della disciplina del CCNL 17.12.2020 relativa alla fattispecie dedotta, codesto Ente adotterà le opportune misure applicative di propria competenza.
Deve essere corrisposta la differenza tra l’IVC relativa all’anno 2010 (pari ad Euro 20,16) e quella indicata nel CCNL 17.12.2020 (pari ad Euro 24.99) ed in caso affermativo per quale periodo?
I valori IVC, con decorrenza 2010, conglobati nello stipendio tabellare, ai sensi dell’art. 106, comma 2 del CCNL 17/12/2020 sono stati calcolati sulla base dei valori di stipendio tabellare, come rivalutati dai CCNL del biennio economico 2008-2009, in coerenza con le modalità di calcolo previste per tale emolumento.
Qualora gli Enti abbiano corrisposto, prima del citato nuovo CCNL, valori di IVC basati sugli stipendi tabellari del precedente biennio economico 2006-2007 (e quindi non adeguati rispetto ai più elevati valori stipendiali, come rivalutati dai CCNL del biennio economico 2008-2009) si pone in effetti un problema di riconoscimento delle differenze non corrisposte.
Deve essere mantenuta l’IVC stabilita nell’anno 2019 atteso che il CCNL 17.12.2020 è scaduto al 31.12.2018 oppure deve essere trattenuta la differenza tra l’importo dell’IVC effettivamente corrisposto nell’anno 2019 e l’importo dell’IVC 2010 da conglobare?
L’IVC, con decorrenza 2010, che è stata conglobata nel trattamento tabellare, secondo le previsioni di cui al richiamato art. 106, comma 2 del CCNL del 17.12.2020, deve essere distinta dalla IVC decorrenza 2019 prevista dall’art. 1, comma 440 della Legge 145/2018 (Legge di Bilancio 2019).
Si tratta, infatti, di voci retributive distinte che, prima dell’entrata in vigore del nuovo CCNL, avrebbero dovuto essere evidenziate separatamente in busta paga.
Con il nuovo CCNL, l’IVC decorrenza 2010 deve essere conglobata nello stipendio mentre la diversa IVC decorrenza 2019 deve continuare ad esser erogata.
Si rammenta infatti che la normativa prevista dalla Legge di Bilancio 2019 dispone in merito alla erogazione della indennità di vacanza contrattuale relativa al triennio economico 2019-2021 nelle more della definizione del prossimo CCNL relativo al triennio 2019-2021.
La suddetta IVC decorrenza 2019 dovrà, pertanto, continuare ad essere corrisposta, come distinta voce della busta paga, fino a quando non sarà riassorbita dai futuri CCNL.
Come si calcola la retribuzione mensile aggiuntiva di cui all’art. 45 del CCNL 16.05.2001?
La disciplina contrattuale collettiva nazionale relativa alla retribuzione mensile aggiuntiva per sedi di segreteria convenzionate di cui all’art. 45 del CCNL 16.05.2001, è tuttora vigente in base all’art. 111, comma 1, lett. B), 5° alinea del CCNL 17.12.2020 che ne opera la conferma “tenendo conto di quanto previsto dall’art. 16-ter comma 11 del D.L. 30 dicembre 2019, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8”.
Stante la continuità della citata disciplina contrattuale collettiva nazionale in materia di retribuzione mensile aggiuntiva per sedi di segreteria convenzionate, in ordine alla interpretazione della stessa, la scrivente Agenzia non può che confermare i propri consolidati orientamenti applicativi di seguito ricapitolati.
Ai sensi delle disposizioni dell’art. 45 del CCNL16.05.2001, al segretario che ricopre sedi di segreteria convenzionate spetta una retribuzione mensile aggiuntiva pari ad una maggiorazione del 25% della retribuzione complessiva di cui 37, comma 1, lett. da a) ad e) del CCNL del 16.5.2001, in godimento dello stesso; l’art. 37 citato risulta oggi sostituito dall’art. 105, comma 1, del CCNL 17.12.2020.
Per quanto qui ne occupa si deve sottolineare che, anche nel regime della disciplina del nuovo CCNL 17.12.2020, la retribuzione mensile aggiuntiva continua a rappresentare una autonoma voce retributiva -alla quale deve essere riconosciuta natura di trattamento fondamentale – unica, unitaria e distinta dalle singole voci che ne costituiscono la base di calcolo.
La espressa disposizione contrattuale di cui all’art. 41, comma 4, del CCNL 16.05.2001, -anch’essa tuttora vigente ex art. 111, comma 1, lett. B), 1° alinea, del CCNL 17.12.2020 con le modifiche ed integrazioni di cui all’art. 107 dello stesso CCNL- che prevede la possibilità di corrispondere al segretario una specifica maggiorazione della retribuzione di posizione, nei casi e secondo i criteri stabiliti dalla contrattazione decentrata integrativa di livello nazionale e la circostanza che l’art. 45 comma 1, del CCNL 16.05.2001, nel determinare il complesso della retribuzione di cui tener conto, si riferisca espressamente a quella “in godimento”, consentono di affermare che non vi sono elementi giuridici per escludere dal computo della retribuzione aggiuntiva spettante al segretario titolare di segreteria convenzionata anche le maggiorazioni della stessa, ove applicate.
Fermo restando, infatti, che gli Enti possono riconoscere o meno detta maggiorazione della retribuzione di posizione, ove la attribuiscano essa non può essere considerata una voce distinta dalla retribuzione di posizione e, quindi, non può non essere computata ai fini della determinazione della retribuzione aggiuntiva spettante al segretario titolare di segreteria convenzionata.
Analoga ricostruzione interpretativa sembra poter essere formulata relativamente alla rilevanza sulla retribuzione mensile aggiuntiva di cui all’art. 45 del CCNL 16.05.2001 dell’integrazione della retribuzione di posizione di cui all’art. 41, comma 5, del CCNL 16.05.2001, c.d. “galleggiamento”, disciplina tuttora vigente ex art. 111, comma 1, lett. B), 1° alinea, del CCNL 17.12.2020, con le modifiche ed integrazioni di cui all’art. 107 dello stesso CCNL.
In proposito, nel caso di sedi di segreteria convenzionate occorre aver riguardo all’art. 107, comma 3, del CCNL 17.12.2020, giusta il quale “Per i segretari titolari di segreteria convenzionata, l’eventuale differenziale di retribuzione di posizione riconosciuto ai sensi del comma 2, assorbe e ricomprende quota parte della retribuzione aggiuntiva di cui all’art. 45 del CCNL del 16/5/2001, fino a concorrenza dei seguenti valori massimi:
– Euro 3.008,00, per i segretari di fascia A e B;
– Euro 1.964,00, per i segretari di fascia C.”
Pertanto dall’importo della retribuzione mensile aggiuntiva per sedi convenzionate, andrà sottratto, ovvero scomputato, lo specifico importo riconosciuto quale “galleggiamento” ex art. 41, comma 5, del CCNL 16.05.2001, come calcolato in forza dell’art. 107, comma 2, del CCNL 17.12.2020, entro i citati valori massimi.
Si ritiene conclusivamente necessario precisare che la disciplina contrattuale collettiva nazionale della retribuzione mensile aggiuntiva di cui all’art. 45 del CCNL 16.05.2001 come sopra ricostruita, non può in alcun modo dar luogo e non consente di giustificare un effetto paradossale quale quello che potrebbe determinarsi laddove, in forza di interpretazioni difformi risultanti anche dall’interazione di altri strumenti negoziali, si configuri una reciproca alimentazione tra la retribuzione mensile aggiuntiva stessa e la maggiorazione di posizione di cui all’art. 41, comma 4, del medesimo CCNL, con l’assurda conseguenza di innescare una serie plurima, tendente a zero, di ripetuti ricalcoli dei rispettivi valori in rapporto fra loro, determinandosi così un ingiustificabile aggravio di spesa.
La retribuzione mensile aggiuntiva per sedi di segreteria convenzionate di cui all’art. 45 del CCNL 16.05.2001 deve essere calcolata anche sull’importo dell’IVC?
L’I.V.C. è esclusa dalla base di calcolo in quanto non espressamente ricompresa tra le voci retributive richiamate nell’art. 37, comma 1, lett. da a) ad e) del medesimo CCNL.
In applicazione del nuovo CCNL 17.12.2020 deve essere calcolato e liquidato a titolo di arretrati contrattuali il maggior valore della retribuzione di risultato per effetto dell’aumento dello stipendio tabellare e, dal 2018, della retribuzione di posizione?
In relazione alla tematica in esame si chiarisce, innanzitutto, che il CCNL del 17/12/2020 non prevede la corresponsione di arretrati a titolo di retribuzione di risultato.
Si rammenta, inoltre, che l’art. 42, comma 2 del CCNL del 16.5.2001 (biennio economico 1998-1999) prevede che la retribuzione di risultato dei segretari comunali e provinciali può essere corrisposta in un importo massimo del 10% del monte salari dell’anno di riferimento. La nozione di monte salari, come già chiarito in altri orientamenti applicativi dell’Agenzia, si riferisce a tutte le somme, come risultanti dai dati inviati da ciascun Ente al Ministero dell’Economia e delle Finanze, ai sensi dell’art. 60 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in sede di rilevazione del conto annuale, corrisposte nell’anno di riferimento per i compensi erogati al personale destinatario del CCNL in servizio in tale anno.
Tali somme ricomprendono quelle corrisposte sia a titolo di trattamento economico principale che accessorio.
Non costituiscono, base di calcolo per la determinazione del “monte salari”, oltre che le voci relative agli assegni per il nucleo familiare, anche, ad esempio, i buoni pasto, i rimborsi spese, le indennità di trasferimento, gli oneri per i prestiti al personale e per le attività ricreative, le somme corrisposte a titolo di equo indennizzo.
Non concorrono alla determinazione del monte salari neppure gli emolumenti arretrati relativi ad anni precedenti.
La corresponsione degli arretrati previsti dal CCNL 17/12/2020 può quindi incidere sul valore del monte salari sul quale è parametrata la retribuzione di risultato dei segretari comunali e provinciali, limitatamente agli arretrati relativi all’anno corrente (di applicazione del CCNL), ma non anche con riferimento agli arretrati relativi ad anni precedenti.
In quale relazione si pongono i compiti previsti per il Segretario comunale e provinciale dall’art. 101, comma 1, del CCNL 17.12.2020 con le funzioni previste dalle fonti legislative ed in particolare dall’art. 97, comma 4, del TUEL 267/2000? Più nello specifico, i predetti compiti possono comportare la formulazione dei pareri di cui alle disposizioni dell’art. 49 dello stesso TUEL?
Per quanto di competenza l’Agenzia ritiene anzitutto doveroso precisare che la disciplina di cui all’art, 101 del CCNL 17.12.2020 deve essere correttamente considerata quale espressione della capacità regolativa dei contratti collettivi di lavoro di cui al dlgs. 165/2001 e smi, l’ambito della quale risulta chiaramente definito dall’art. 40, comma 1 dello stesso decreto legislativo, giusta il quale “La contrattazione collettiva disciplina il rapporto di lavoro e le relazioni sindacali… sono escluse dalla contrattazione collettiva le materie attinenti all’organizzazione degli uffici,…quelle afferenti alle prerogative dirigenziali ai sensi degli articoli 5, comma 2, 16 e 17, …nonché quelle di cui all’articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 23 ottobre 1992, n. 421”.
In base al disposto dell’art.2, comma 1, lett. c), della legge 421/1992, “…Sono regolate con legge, ovvero, sulla base della legge o nell’ambito dei principi dalla stessa posti, con atti normativi o amministrativi, le seguenti materie: 1) le responsabilità giuridiche attinenti ai singoli operatori nell’espletamento di procedure amministrative; 2) gli organi, gli uffici, i modi di conferimento della titolarità dei medesimi; 3) i principi fondamentali di organizzazione degli uffici…”.
La norma di delegazione testé citata è contenuta nella disciplina delegata dell’art. 2, comma 1, del dlgs. 165/2001 e smi, che affida esclusivamente alla fonte pubblicistica l’individuazione dei criteri di organizzazione e le modalità di conferimento degli uffici di maggiore rilevanza: funzione del tutto assimilabile a quella oggetto del presente parere.
In altri termini, il percorso di contrattualizzazione del rapporto di lavoro inaugurato nel biennio 1992/1993 attiene ad una specializzazione del ruolo delle fonti (pubblicistiche e contrattuali) che, seppure amplia i contenuti di quella privatistica, non può (né mai ha voluto nelle intenzioni dei legislatori che nel corso degli anni hanno apportato modifiche al testo originario), predisporre un meccanismo di sovrapposizione o debordamento delle funzioni dell’una o dell’altra fonte.
Dalla disciplina legislativa testé riferita si evince chiaramente che, nel sistema del dlgs. 165/2001, la disciplina del contratto collettivo può regolare gli istituti normativi ed economici del rapporto di lavoro, ma non può regolare l’organizzazione della struttura degli enti né quella delle funzioni amministrative e del loro esercizio ed anche il disposto dell’art. 101 del CCNL 17.12.2020 deve pertanto correttamente essere interpretato alla luce di tale canone ermeneutico fondamentale.
Sulla base di tale cornice interpretativa si deve rilevare che con la disciplina di cui all’art. 101, comma 1,del CCNL 17.12.2020, formulata sulla base di un preciso indirizzo negoziale del Comitato di settore, nel caso di Segretari di “Comuni fino a 100.000 abitanti ovvero nei Comuni, Province e Città Metropolitane ove non sia stato nominato il direttore generale ai sensi dell’art. 108 del d. Lgs. n. 267/2000”, sono stati indicati, a titolo esemplificativo, per le finalità del contratto, alcuni dei compiti di sovraintendenza allo svolgimento delle funzioni dei dirigenti e di coordinamento delle loro attività che i Segretari stessi debbono espletare in quanto specificamente conseguenti alla “assunzione delle funzioni di segretario”.
Tra tali compiti l’art. 101, comma 1, indica quelli della sovraintendenza alla gestione complessiva dell’ente, della responsabilità della proposta del piano esecutivo di gestione nonché, nel suo ambito, del piano dettagliato degli obiettivi e del piano della performance, della responsabilità della proposta degli atti di pianificazione generale in materia di organizzazione e personale, dell’esercizio del potere di avocazione degli atti dei dirigenti in caso di inadempimento.
La rilevanza che i compiti previsti dall’art. 101, comma 1, assumono nella complessiva economia della nuova disciplina contrattuale collettiva nazionale relativa al rapporto di lavoro dei Segretari comunali e provinciali è confermata, in particolare, dalle disposizioni dell’art. 103, comma 4, ai sensi delle quali, ai fini della revoca dell’incarico, “costituisce violazione dei doveri d’ufficio anche il mancato o negligente svolgimento dei compiti di cui all’art. 101, comma 1”, previsione che discende dal principio per cui all’attribuzione di compiti si correlano responsabilità ed il relativo riconoscimento dei poteri necessari a conferire effettività all’attribuzione.
Sempre nella prospettiva ermeneutica indicata deve essere correttamente intesa la responsabilità cui fa riferimento l’art. 101, comma 1 quale espressione di un ruolo professionale cui sono intrinsecamente connessi, in chiave direzionale e gestionale, poteri e conseguenti responsabilità sull’outcome di rilevanti processi (es. piano dei fabbisogni di personale).
In tal modo, la citata disciplina del nuovo CCNL esplicitando per il Segretario un sistema di compiti e responsabilità coerente con il concreto svolgimento delle funzioni di sovrintendenza e coordinamento espressamente affidategli dall’art. 97, comma 4, del dlgs. 267/2000 e smi, coadiuva l’autonomia normativa degli Enti nella modulazione di un coerente modello di organizzazione dell’esercizio di tali funzioni.
Tale declinazione dei compiti di sovraintendenza e coordinamento di cui all’art. 101 del CCNL non limita, dunque, l’autonomia organizzativa degli enti nell’attribuzione ai Segretari anche dell’espressione dei pareri ex articolo 49 del TUEL, sia in tale ambito che con riguardo ad eventuali ulteriori funzioni gestionali, secondo le esigenze più consone alla propria realtà organizzativa ed alle competenze professionali di cui è dotato, beninteso sempre nel rispetto delle discipline legislative specifiche.
Rispetto alle problematiche esposte, dunque, poiché le stesse attengono a scelte regolamentari connesse agli assetti organizzativi la scrivente Agenzia, rationemateriae, non può fornire specifici orientamenti applicativi.
Indicazioni interpretative della disciplina legislativa, ove ritenute necessarie per orientare l’attività di normazione autoorganizzativa, che costituisce autonoma prerogativa dell’Ente, potranno essere richieste al Dipartimento della Funzione Pubblica od al Ministero dell’Interno.
Un Comune ha sottoscritto una convenzione per la sede di segreteria con altri Comuni e la Provincia presso la quale il Segretario presta servizio in modo largamente preminente; se la Provincia riconosce al Segretario la maggiorazione della retribuzione di posizione di cui all’art. 41. Comma 4, del CCNL 16.05.2001, l’onere corrispondente alla maggiorazione potrebbe essere sostenuto esclusivamente dall’Ente concedente atteso che gli altri non potrebbero sostenerne la quota parte?
Il riconoscimento della maggiorazione della retribuzione di posizione ex art. 41, comma 4 del CCNL del 16.5.2001 presso un ente della convenzione non comporta che il maggiore onere debba essere ripartito, automaticamente, anche con l’altro o gli altri enti convenzionati.
Al riguardo, la scrivente Agenzia ritiene che un utile punto di riferimento possano essere alcune indicazioni ricavabili della delibera della Corte dei Conti – Sezione del controllo per la Regione Sardegna – n.30/2010/PAR., indicazioni che sono già state poste a fondamento di orientamenti applicativi anche sulla questione analoga concernente il riparto degli oneri conseguenti al riconoscimento al segretario, da parte di uno degli enti della convenzione, dell’emolumento di cui all’art. 41, comma 5, del CCNL 16.05.2001.
In particolare, acquistano specifico rilievo i seguenti passaggi della richiamata delibera della Corte dei Conti – Sezione del controllo per la Regione Sardegna:
“ …. con riferimento agli altri Comuni aderenti alla convenzione ma rimasti estranei alla concessione degli aumenti in oggetto, si può osservare che:
· gli aumenti della retribuzione di posizione di cui all’art. 41 commi IV e V del citato C.C.N.L. possono essere concessi solo nei limiti delle risorse disponibili e nel rispetto della capacità di spesa del singolo Comune concedente. Nei confronti degli altri Comuni aderenti, qualora i predetti aumenti fossero ripartiti anche fra loro, potrebbe non ricorrere il rispetto dei predetti limiti;
· gli incrementi di cui al citato comma V presuppongono, inoltre, che all’interno dello stesso ente presti servizio un dirigente o altro personale che goda di una retribuzione di posizione più elevata di quella fino a quel momento fruita dal segretario comunale. Negli altri Comuni aderenti potrebbe non ricorrere questa ipotesi;
· gli incrementi in esame non possono comportare da parte del Comune concedente la violazione dei vincoli in materia di contenimento delle spese per il personale. La verifica del rispetto dei predetti limiti potrebbe portare ad esiti differenti se condotta nei confronti degli altri Comuni aderenti.
In conclusione, in mancanza di un puntuale riferimento all’interno della convenzione, qualora uno dei Comuni aderenti conceda autonomamente al segretario comunale in convenzione gli incrementi della retribuzione in questione, gli stessi non possono che gravare esclusivamente sul medesimo Comune concedente in proporzione alle ore di servizio effettivamente prestate presso lo stesso.”.
In base all’art. 13 del CCNL 17.12.2020, per i Segretari comunali e provinciali può essere considerato esistente un orario lavorativo minimo d’obbligo e lo stesso può essere considerato pari a 36 ore settimanali?
La disciplina di cui all’art. 13 del CCNL del 17 dicembre 2020 prevede espressamente che “Il dirigente, i dirigenti amministrativi, tecnici e professionali ed il segretario, assicurano la propria presenza giornaliera in servizio ed adeguano la propria prestazione lavorativa alle esigenze dell’organizzazione ed all’espletamento dell’incarico svolto nonché a quelle connesse con la corretta gestione ed il necessario coordinamento delle risorse umane”.
Tale regola è espressione di un canone generale che informa l’intera disciplina del nuovo CCNL in materia di durata e di sospensione della prestazione lavorativa dei dirigenti destinatari dello stesso, canone in base al quale il Segretario, pur essendo autonomo nella gestione del suo tempo di lavoro, deve coordinare tale autonomia con le esigenze dell’organizzazione in cui è inserito ed al quale consegue anche il dovere di assicurare una congrua durata della sua prestazione lavorativa.
In tale prospettiva, la disciplina contrattuale non prevede alcuna quantificazione complessiva dell’orario di lavoro del segretario e nemmeno la definizione di un limite massimo di durata delle prestazioni lavorative dovute.
Nelle more della stipulazione di un contratto integrativo di livello nazionale ai sensi dell’art. 99 del CCNL 17.12.2020, è possibile continuare ad applicare i contratti integrativi di livello nazionale del 22.12.2003 e del 13.01.2009?
Per principio costante della contrattazione collettiva nazionale di lavoro, confermato dagli artt. 8, comma 7 e 110, comma 5, del CCNL 17.12.2020, i contratti collettivi integrativi conservano la loro efficacia fino alla stipulazione dei successivi contratti collettivi integrativi.
In relazione a quanto previsto dall’art. 2, comma 3, del CCNL 17.12.2020 ed agli arretrati dovuti in forza del nuovo CCNL, nel caso di un Segretario comunale che abbia prestato servizio in più Enti negli ultimi anni gli arretrati debbono essere corrisposti dall’Ente presso il quale il Segretario presta attualmente servizio oppure se ciascuno dei Comuni dovrà corrisponderli pro-quota con riferimento al periodo di servizio prestato?
La disciplina contrattuale collettiva nazionale di cui al CCNL 17.12.2020 ha stabilito all’art. 2, comma 3, che “Gli istituti a contenuto economico e normativo con carattere vincolato ed automatico sono applicati dalle amministrazioni entro trenta giorni dalla data di stipulazione di cui al comma 2”, con ciò indicando il termine massimo entro il quale deve avere corso l’applicazione degli istituti previsti dalla norma stessa.
La disciplina contrattuale di cui al citato art. 2, comma 3, risulta improntata al rispetto del principio di corrispettività delle prestazioni ed in linea con i principi contabili e deve pertanto essere interpretata nel senso che l’Ente cui compete il pagamento degli arretrati sia il datore di lavoro corrispondente al periodo in cui nel tempo si è prestata l’attività lavorativa.
A tal fine, si ritiene utile evidenziare che al punto 5.2 dell’allegato 4.2 “principio contabile della competenza finanziaria potenziata” al D.Lgs 118/2011, viene affermato che “… Nelle more della firma del contratto si auspica che l’ente accantoni annualmente le necessarie risorse concernenti gli oneri attraverso lo stanziamento in bilancio di appositi capitoli sui quali non è possibile assumere impegni ed effettuare pagamenti. In caso di mancata sottoscrizione del contratto, le somme non utilizzate concorrono alla determinazione del risultato di amministrazione. Fa eccezione l’ipotesi di blocco legale dei rinnovi economici nazionali, senza possibilità di recupero, nel qual caso l’accantonamento non deve essere operato.”
Per quanto attiene alla eventuale individuazione di uno specifico Ente cui competa anticipare per conto degli altri il pagamento degli arretrati nel caso in cui, come in quello dedotto, il Segretario (od altro dirigente) abbia prestato servizio presso più Enti nel periodo successivo all’1.1.2016, il CCNL nulla ha disposto pertanto, nonostante ogni migliore considerazione, la scrivente Agenzia non può formulare un orientamento applicativo al riguardo.
Quale natura può essere riconosciuta alla responsabilità del dirigente per l’organizzazione delle proprie ferie secondo il disposto dell’art. 16, comma 11, primo periodo, del CCNL 17.12.2020 e, in particolare, come si coordinano tali disposizioni con quelle di cui all’art. 16, comma 15?
In relazione alla tematica in questione si deve anzitutto rilevare che l’art. 16, comma 11 del CCNL 17.12.2020, reca un secondo periodo a norma del quale “la programmazione delle ferie avviene nell’ambito dei criteri generali predisposti dall’organo amministrativo di vertice che tiene conto delle esigenze istituzionali proprie degli organi di direzione politica ed è oggetto di preventiva informazione all’amministrazione al fine di consentire la verifica della conciliabilità dell’assenza con le esigenze di servizio del dirigente”.
Tale regola è espressione di un canone generale che informa l’intera disciplina del nuovo CCNL in materia di durata e di sospensione della prestazione lavorativa dei dirigenti, canone in base al quale il dirigente, pur essendo autonomo nella gestione del suo tempo di lavoro, deve coordinare tale autonomia con le esigenze dell’organizzazione in cui è inserito, dovere che rileva anche sul piano deontologico e disciplinare.
Da tale canone discende anche, ovviamente, che l’organizzazione dell’Ente preveda una figura cui competa “la verifica della conciliabilità dell’assenza con le esigenze di servizio del dirigente”, ma in ordine a tale individuazione il CCNL non può fornire alcuna indicazione precettiva trattandosi di materia organizzativa affidata all’autonomia regolamentare dell’Ente.
Peraltro, a titolo di collaborazione istituzionale, si può suggerire che tale figura sia individuabile anche nel Direttore Generale, ove presente, o nel Segretario in forza dei suoi compiti di sovrintendenza e coordinamento come da ultimo declinati anche dall’art. 101, comma 1, del CCNL 17.12.2020.
Dal predetto canone generale e dalla esigenza di coordinamento che da esso direttamente discende si ricava altresì il criterio ermeneutico della disciplina di cui all’art. 16, comma 15 del CCNL 17.12.2020, anch’essa da interpretarsi nel senso che la fruizione delle ferie da parte dei dirigenti debba essere organizzata, ai sensi del comma 11, in modo anche da contenere nella massima misura possibile la maturazione di ferie non fruite nei termini ivi previsti, costituendo questa una ipotesi patologica e non fisiologica nella gestione del tempo di lavoro dei dirigenti stessi.
Cosa accade se il dirigente non fruisce nell’anno solare delle quattro giornate di riposo di cui alla legge 937/1977?
Per quanto attiene il trattamento da riservare alle festività soppresse in caso di mancata fruizione delle stesse nel corso dell’anno, si deve rilevare che, ai sensi dell’art. 16, comma 7 del CCNL 17.12.2020, “sono altresì attribuite quattro giornate di riposo da fruire nell’anno solare ai sensi ed alle condizioni previste dalla menzionata legge n. 937/1977”.
Come costantemente affermato dalla scrivente Agenzia nei propri orientamenti applicativi, dall’inequivoco tenore letterale della citata disposizione contrattuale, il riferimento espresso al regime della legge 937/1977 implica che le giornate di riposo in questione debbano essere fruiti esclusivamente nell’anno di riferimento senza che risulti in alcun modo possibile la loro trasposizione nell’anno successivo o la loro monetizzazione.
Un dirigente può cedere in tutto od in parte le proprie ferie al personale del comparto, o tale cessione deve avvenire esclusivamente tra dirigenti?
Ai sensi dell’art. 1, comma 1, del CCNL 17, 12. 2020 “il presente contratto si applica a tutto il personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato e a tempo determinato di cui all’art. 7, comma 3, del CCNQ per la definizione dei comparti e delle aree di contrattazione collettiva nazionale del 13.7.2016”.
Tale definizione dell’ambito dei destinatari del contratto consente di interpretare correttamente le disposizioni di cui all’art. 17, comma 1, dello stesso CCNL, giusta le quali “su base volontaria ed a titolo gratuito, il dirigente e i dirigenti amministrativi, tecnici e professionali possono cedere, in tutto o in parte, ad altra unità di personale che abbia esigenza di prestare assistenza a figli minori che necessitino di cure costanti, per particolari condizioni di salute”: palese risulta infatti che l’altra unità di personale cui la norma fa riferimento non possa che essere costituita da un dirigente o da un segretario.
Il Dirigente può fruire dei riposi giornalieri previsti dall’art. 39 del dlgs 151/2001 (c.d. permessi orari per allattamento)? Inoltre il dirigente disabile in situazione di disabilità grave, può fruire dei permessi orari previsti dalla legge 104/1992?
L’art. 19 del CCNL 17.12.2020 rubricato “Assenze retribuite”, in coerenza con il regime contrattuale dell’orario di lavoro proprio delle figure dirigenziali (ex art. 13 dello stesso contratto), dispone per tutte le tipologie di assenze, ivi previste, un criterio di computo commisurato esclusivamente a giorni.
Per quanto riguarda le restanti assenze richiamate dall’art. 27, commi 1 e 2, non tipizzate dal contratto ma previste per legge, quali ad esempio quelle legate alla tutela della maternità o della disabilità, è pacifico che non vengano incise dal contratto, come è oltremodo pacifico che le tutele sottese dalle specifiche disposizoni di legge debbano essere garantite a tutti i lavoratori, dirigenti compresi.
Tali garanzie seguiranno le dinamiche previste dalle stesse leggi.
Se la tutela si traduce nel diritto ad una assenza giornaliera, la stessa verrà computata come giornata di permesso, se la tutela si traduce in una esigenza di assenza di qualche ora, il Dirigente organizzerà conseguentemente il suo tempo lavoro nell’ambito del suo potere di autoregolazione.
Quali soggetti possono essere nominati da un Ente locale quali componenti del Comitato dei Garanti e cosa accade se i dirigenti non provvedono alla elezione del proprio rappresentante in seno al Comitato stesso?
Per quanto attiene alla problematica afferente l’individuazione dei soggetti che possono essere designati quali componenti del Comitato dei garanti di cui all’art. 50 del CCNL 17.12.2020, in mancanza di una regolazione contrattuale specifica dato che la materia è regolata in via prioritaria dalla legge, in ordine alla stessa, proprio perché relativa alla definizione della portata applicativa di disposizioni legge, e quindi di carattere di carattere gestionale, la scrivente Agenzia non è competente a fornire indirizzi operativi restando la medesima esclusiva prerogativa datoriale dell’Ente.
Per quanto attiene invece al problema delle iniziative adottabili dall’Ente in caso di impossibilità di disporre di “un rappresentante eletto dai dirigenti”, l’Ente potrà eventualmente avvalersi della opzione offerta dallo stesso art. 50, comma 1, in base al quale è possibile costituire il Comitato in parola mediante “il ricorso a forme di convenzione tra più enti”.
E’ ovvio che l’Ente sia tenuto ad assumere comunque tutte le iniziative per sollecitare i dirigenti alla elezione del proprio rappresentante in seno al Comitato dei Garanti.
Un Ente locale che debba dare l’informazione ed avviare le procedure di confronto e di contrattazione integrativa deve informare e convocare tutti i soggetti sindacali indicati dall’art. 7, comma 2, del CCNL 17.12.2020 relativo all’Area delle Funzioni locali, o può selezionare solo i soggetti sindacali riferibili alla Sezione “Dirigenti” di cui all’art. 43 e ss. dello stesso CCNL?
Con riferimento alla questione in oggetto, per quanto di competenza, in relazione alla fattispecie dedotta, la scrivente Agenzia è del parere che, non potendosi rilevare nel CCNL 17.12.2020 relativo al personale dirigenziale dell’Area Funzioni locali alcuna disposizione che autorizzi una diversa lettura interpretativa, poiché che le sezioni non costituiscono unità contrattuali autonome tutti i soggetti sindacali di cui all’art. 7, comma 2, del citato CCNL risultino titolari dei diritti all’informazione, al confronto ed alla contrattazione integrativa come disciplinati dal Titolo II e da ciascuna sezione dello stesso CCNL, senza che a tali fini sia possibile selezionarli in relazione alla riferibilità della dirigenza dell’Ente od Amministrazione all’una od all’altra delle sezioni medesime.
L’art. 45, comma 4, del CCNL 17.12.2020 relativo all’Area delle Funzioni locali prevede che negli Enti con meno di tre dirigenti in servizio la contrattazione integrativa sia sostituita dal confronto. Si chiede, nel silenzio del CCNL, se in tale caso la disciplina risultante dal confronto sia da trasmettere all’Organo di revisione, unitamente alla relazione illustrativa e tecnico-finanziaria per gli adempimenti previsti dagli artt. 40 e 40 bis del dlgs. 165/2001 e se tale disciplina sia poi da trasmettere ad ARAN e CNEL e da pubblicare in Amministrazione trasparente?
Con riferimento alla questione in oggetto si ritiene preliminarmente necessario rammentare che, in base al disposto dell’art. 46, comma 1, dlgs. 165/2001 e smi, l’attività di assistenza alle Amministrazioni della scrivente Agenzia è limitata, per quanto qui ne occupa, alla formulazione di orientamenti per la uniforme applicazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro di cui essa è parte stipulante e non può quindi estendersi all’interpretazione di disposizioni legislative o regolamentari.
Tanto premesso, per quanto di competenza, la scrivente Agenzia osserva anzitutto che, ai sensi dell’art. 5, comma 1, del CCNL 17.12.2020, “Il confronto è la modalità attraverso la quale si instaura un dialogo approfondito sulle materie rimesse a tale livello di relazione, al fine di consentire ai soggetti sindacali di cui all’art. 7 comma 2, di esprimere valutazioni esaustive e di partecipare costruttivamente alla definizione delle misure che l’amministrazione intende adottare”.
Dall’inequivocabile tenore letterale della testé citata disposizione si evince che il confronto è un modulo relazionale non negoziale volto a consentire la partecipazione sindacale all’iter di definizione di misure che restano comunque prerogativa datoriale.
La scelta dell’art. 45, comma del CCNL 17.12.2020 si pone in continuità con quella operata dalla previgente disciplina contrattuale collettiva nazionale che, relativamente al caso di enti con un numero di dirigenti in servizio inferiore a cinque, prevedeva la sostituzione della contrattazione integrativa con il modulo, anch’esso non negoziale, della concertazione, disciplina contrattuale che non ha mai previsto la sottoposizione del verbale di concertazione al sistema dei controlli e della pubblicità previsto per l’ipotesi di contratto collettivo integrativo.
A tal proposito, sempre nei limiti della propria competenza, la scrivente Agenzia deve rilevare che anche il citato CCNL 17.12.2020 non detta, nemmeno relativamente alla fattispecie di cui all’art. 44, comma 1, lett. g), alcuna disposizione in materia di sottoposizione della “sintesi dei lavori e delle posizioni emerse”, che ai sensi dell’art. 5, comma 2, ultimo periodo, del CCNL in parola conclude la procedura del confronto, al sistema dei controlli e della pubblicità previsto dalle vigenti diposizioni legislative per l’ipotesi di contratto collettivo integrativo o per l’atto unilaterale sostitutivo dello stesso.
Dall’interpretazione diacronica della disciplina contrattuale collettiva nazionale regolante l’istituto in esame si evince, dunque, che tra i due moduli in questione, contrattazione collettiva integrativa e confronto, sussiste una ontologica differenza di natura giuridica la quale, anche nella identità delle materie devolute come nel caso di specie, sembra giustificare il diverso regime di controllo e pubblicità cui sono assoggettati i rispettivi atti conclusivi.
Sulla base delle suesposte considerazioni interpretative della disciplina contrattuale collettiva nazionale e nel rispetto, ovviamente, della vigente disciplina concernente i necessari controlli sulla costituzione del Fondo per la retribuzione di posizione e di risultato, l’Ente potrà assumere le più opportune determinazioni gestionali in materia.
Come si deve interpretare l’art. 60 del CCNL 17.12.2020 in materia di onnicomprensività retributiva con particolare riferimento alla disposizione del comma 3, in base alla quale deve essere garantita comunque una quota a titolo di retribuzione di risultato al dirigente che ha reso la prestazione?
La disciplina prevista dall’art. 60 del CCNL del 17 dicembre 2020 relativo alla dirigenza dell’Area delle Funzioni Locali, ha riconfermato il principio della onnicomprensività del trattamento economico del dirigente (stabilito dall’art.24 del dlgs.n.165/2001, cui gli enti locali adeguano i propri ordinamenti), come cristallizzato nella disciplina legale e già previsto dalla previgente norma di cui all’art. 20 del CCNL del 22.2.2010, attualmente disapplicata dall’art. 62, comma 1, lett. B) ottavo alinea.
Il comma 1 del richiamato art. 60, in particolare, ha riaffermato, in coerenza con le previsioni del citato 24, comma 3, del dlgs.n.165/2001, che il trattamento economico dei dirigenti ha carattere di onnicomprensività in quanto remunera completamente ogni incarico conferito agli stessi in ragione del loro ufficio o comunque collegato alla rappresentanza di interessi dell’Ente.
In applicazione di tale previsione, quindi, il CCNL ribadisce che a favore della dirigenza, accanto al trattamento stipendiale, è prevista la corresponsione del solo trattamento economico rappresentato dalla retribuzione di posizione e di risultato.
Con il comma 2 viene confermato che in aggiunta alla retribuzione di posizione e di risultato, ai dirigenti possano essere erogati direttamente a titolo di retribuzione di risultato, solo i compensi previsti da specifiche disposizioni di legge.
Di seguito, il comma 3 stabilisce espressamente che le somme derivanti dall’applicazione del principio di onnicomprensività del trattamento economico dei dirigenti (comma 3),riferite anche ai compensi per incarichi aggiuntivi non connessi direttamente alla posizione dirigenziale attribuita (ma sempre riconducibili alla generale rappresentanza degli interessi dell’ente), integrano le risorse destinate al finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato dei dirigenti secondo la disciplina dell’art.57 del medesimo CCNL, garantendo comunque una quota a titolo di retribuzione di risultato del dirigente che ha reso la prestazione.
La richiamata norma esprime in termini inequivocabili che le somme riferite ai compensi per incarichi aggiuntivi sono comunque destinate a finanziare la retribuzione di posizione e di risultato dei dirigenti, transitando nello specifico fondo ai sensi dell’art. 57, comma 2, lett.d).
Quanto alla definizione della quota che deve essere riconosciuta, a titolo di retribuzione di risultato, al dirigente direttamente coinvolto nello svolgimento della specifica prestazione collegata all’incarico, si precisa che la stessa dovrà essere stabilita sulla base dei criteri concordati in sede di contrattazione integrativa, ai sensi dell’art. 45, comma 1, lett. b) del richiamato CCNL.