Quali limiti incontra il diritto di accesso del consigliere comunale in rapporto alla esigenza di tutela di altri interessi costituzionalmente garantiti?
A questa domanda fornisce risposta la recente sentenza del Consiglio di Stato n. 2089 dell’11 marzo 2021, la quale ha preliminarmente ricordato che la Corte costituzionale nega che il diritto di accesso del consigliere comunale possa configurarsi come un diritto «“tiranno” nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette, che costituiscono, nel loro insieme, espressione della dignità della persona» (così la Corte costituzionale nella sentenza 19 maggio 2013, n. 85, di rigetto delle questioni di costituzionalità sulla disciplina penalistica speciale relativa allo stabilimento industriale dell’Ilva di Taranto nella parte in cui se ne assumeva un contrasto con il diritto alla salute ex art. 32 Cost.). La Corte ha invece affermato che in un ordinamento costituzionale in cui i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano «in rapporto di integrazione reciproca», non ordinato su base gerarchica, non è possibile «individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri», e dunque una «illimitata espansione» dei primi a danno di questi ultimi. Per la Corte costituzionale gli stessi diritti vanno invece coordinati secondo «un ragionevole bilanciamento», a tutela della dignità della persona, e dunque nel rispetto del principio personalistico che trova nei principi di uguaglianza formale e sostanziale dell’individuo e nei doveri di solidarietà sociale la sua formale enunciazione (artt. 3, commi 1 e 2, e 2 Cost.).
Motivo per cui il Consiglio di Stato ritiene che alla regola del ragionevole bilanciamento propria dei rapporti tra diritti fondamentali di pari rango non si sottragga neppure l’accesso del consigliere comunale.
È vero, affermano i Giudici, che esso ha ampia estensione, maggiore dell’accesso agli atti amministrativi ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241 (cfr. da ultimo in questo senso Cons. Stato, V, 13 agosto 2020, n. 5032), ma è altrettanto vero che tale estensione non implica che esso possa sempre e comunque esercitarsi con pregiudizio di altri interessi riconosciuti dall’ordinamento meritevoli di tutela, e dunque possa sottrarsi al necessario bilanciamento con questi ultimi. Ciò non solo perché ad esso si contrappongono diritti egualmente tutelati dall’ordinamento, ma anche per il limite funzionale intrinseco cui il diritto d’accesso è sottoposto, espresso dall’art. 43, comma 2, d.lgs. n. 267 del 2000 con il richiamo alla utilità delle notizie e delle informazioni possedute dall’ente locale rispetto alla funzione di rappresentanza politica del consigliere comunale.
Il descritto limite implica, dunque, che il bisogno di conoscenza del titolare della carica elettiva debba porsi in rapporto di strumentalità con la funzione «di indirizzo e di controllo politico – amministrativo», di cui nell’ordinamento dell’ente locale è collegialmente rivestito il consiglio comunale (art. 42, comma 1, t.u.e.l.), e alle prerogative attribuite singolarmente al componente dell’organo elettivo (art. 43).
Lo scopo del diritto di accesso del consigliere comunale è infatti quello «di valutare – con piena cognizione – la correttezza e l’efficacia dell’operato dell’amministrazione, nonché per esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del Consiglio e per promuovere tutte le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti del corpo elettorale locale» (cfr. sentenza del C.d.S. 13 agosto 2020, n. 5032). Non è perciò «sufficiente rivestire la carica di consigliere per essere legittimati sic et simpliciter all’accesso, ma occorre dare atto che l’istanza muova da un’effettiva esigenza collegata all’esame di questioni proprie dell’assemblea consiliare» (cfr. sentenza del C.d.S. 2 gennaio 2019, n. 12).
Sono queste le ragioni che hanno indotto il Collegio a ritenere legittimo il diniego opposto da un’Amministrazione comunale alla richiesta di ostensione dei nominativi dei beneficiari dei buoni spesa presentata da un proprio consigliere comunale.