Il Dipartimento della funzione pubblica ha aggiornato in data odierna la sezione pareri e note circolari del proprio sito istituzionale, aggiungendovi tre nuovi pronunciamenti concernenti diverse questioni afferenti il lavoro pubblico.
Riportiamo di seguito una sintesi delle conclusioni cui è giunto il Dipartimento con i citati pareri.
Il trattamento economico durante l’aspettativa per dottorato di ricerca
Come noto, l’articolo 2, comma 1, della legge 13 agosto 1984, n. 476, come modificato dall’articolo 52 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 e successivamente dall’articolo 19, comma 3, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, prevede che il pubblico dipendente che richiede di fruire del regime di aspettativa per la frequenza di corsi di dottorato di ricerca senza borsa di studio o in caso di rinuncia a questa conserva il trattamento economico, previdenziale e di quiescenza in godimento da parte dell’amministrazione pubblica presso la quale è instaurato il rapporto di lavoro.
La norma di salvaguardia è richiamata in ambito contrattuale dall’articolo 40, comma 2, del CCNL 21 maggio 2018 – Comparto funzioni locali -, secondo cui “I dipendenti con rapporto a tempo indeterminato ammessi ai corsi di dottorato di ricerca, ai sensi della legge 13 agosto 1984, n. 476 oppure che usufruiscano delle borse di studio di cui alla legge 30 novembre 1989, n. 398 possono essere collocati, a domanda, in aspettativa per motivi di studio senza assegni per tutto il periodo di durata del corso o della borsa nel rispetto delle disposizioni legislative vigenti, fatto salvo quanto previsto dall’ art. 2 della citata legge n. 476/1984 e successive modificazioni.”.
Ciò posto, quando a beneficiare dell’aspettativa in questione è un dipendente incaricato di posizione organizzativa, ad esso occorre certamente garantire l’erogazione sia dello stipendio tabellare che della retribuzione di posizione, dal momento che quest’ultima voce retributiva è corrisposta per il solo fatto del conferimento della titolarità dell’incarico.
Non spetta al contrario l’indennità di risultato, poiché nel caso di specie il regime di aspettativa del dipendente non consente l’effettivo svolgimento della prestazione e, quindi, il conseguimento degli obiettivi connessi al risultato. E non spettano neppure tutti quegli emolumenti (elencati nell’articolo 18 del CCNL del 21 maggio 2018) non connessi di per sé alla titolarità dell’incarico ma derivanti dall’effettiva partecipazione alle attività che ne determinano la corresponsione.
Ai lavoratori autonomi in quiescenza solo incarichi gratuiti
In coerenza con il consolidato orientamento della giurisprudenza contabile, le previsioni di cui all’art. 5, comma 9, del decreto legge n. 95 del 2012 si devono ritenere applicabili anche ai professionisti collocati in quiescenza presso enti privati di previdenza obbligatoria. Tuttavia, non si ravvisano elementi ostativi all’ipotesi che a tali soggetti siano attribuiti incarichi o cariche a titolo gratuito (e, con specifico riguardo agli incarichi direttivi e dirigenziali, con il limite annuale).
Università telematiche: per fruire dei permessi studio è necessaria la certificazione di presenza
Come noto, il tema della fruizione dei permessi per il diritto allo studio in caso di frequenza di corsi presso una Università telematica è stato affrontato dal Dipartimento con la Circolare n. 12 del 2011, laddove si è chiarito che: “…le clausole (contrattuali) nel disciplinare le agevolazioni non contengono specifiche previsioni sui corsi tenuti dalle università telematiche e, pertanto, la relativa disciplina deve intendersi di carattere generale, non rivenendosi in astratto preclusioni alla fruizione del permesso da parte dei dipendenti iscritti alle università telematiche…”. Anche in occasione dell’ultima tornata contrattuale non ci sono stati specifici interventi al riguardo, per cui la relativa disciplina rimane delineata a livello generale e – conseguentemente – la fruizione dei permessi retribuiti per il diritto allo studio e dei permessi per la partecipazione agli esami deve avvenire nel rispetto delle condizioni espressamente richieste dalle clausole contrattuali. In ragione di ciò, secondo gli orientamenti formulati dall’Aran, potrebbe ammettersi la fruizione dei permessi “nel caso in cui il dipendente fosse in grado di presentare comunque tutta la documentazione prescritta per la generalità dei lavoratori per i corsi di studio non telematici ed in particolare un certificato dell’università che, con conseguente e piena assunzione di responsabilità, attesti in quali giorni quel determinato dipendente ha seguito personalmente, effettivamente e direttamente le lezioni trasmesse in via telematica, ovviamente, in orari necessariamente coincidenti con le ordinarie prestazioni lavorative … in particolare, dovrebbe essere certificato che solo in quel determinato orario il dipendente poteva e può seguire le lezioni.” (Orientamento ARAN, AGF-032 del 20 giugno 2012)
In tal senso, risulta quindi indispensabile, ai fini del conseguimento del beneficio in questione, che il dipendente fornisca elementi di certezza sulla possibilità di ottenere, da parte dell’Università telematica, la certificazione idonea nei termini sopra rappresentati. Conseguentemente, sarà cura delle Università, che somministrano corsi in modalità telematica, dotarsi degli strumenti necessari atti a certificare che lo studente risulti collegato personalmente in determinati orari per seguire le lezioni. Ciò al fine di consentire al datore di lavoro di verificare la regolare frequenza da parte del dipendente sia in ordine all’orario che all’identità di colui che ha effettuato il collegamento.
Sul punto giova altresì segnalare una recente sentenza emessa dal Tribunale di Monza (Cfr. sentenza n. 64/2020 – pubblicata il 22/07/2020 -) che, nel richiamare uno specifico orientamento giurisprudenziale formatosi in materia, ha confermato quanto segue: “…i permessi studio possono essere utilizzati solo per la frequenza dei corsi e per sostenere gli esami che si svolgono in concomitanza con l’orario di lavoro..”; …dunque per richiedere ed ottenere questi permessi studio è necessario il rilascio di un attestato di frequenza che certifichi la presenza al corso o all’esame durante l’orario lavorativo..”.