Riportiamo di seguito alcuni nuovi orientamenti applicativi Aran pubblicati quest’oggi sul sito istituzionale dell’Agenzia.
Se un Ente ha definito l’Ipotesi di contratto integrativo triennale (2019-2021), finanziando le progressioni organizzative per il 2019 e contabilizzando le relative risorse entro tale anno, ma la sottoscrizione definitiva del contratto integrativo è intervenuta solo a luglio del 2020, è possibile in forza dell’Ipotesi definita nel 2019 e della copertura finanziaria dalla stessa prevista attribuire le progressioni economiche orizzontali dall’1.1.2019?
Con riferimento alla questione in oggetto, appare preliminarmente necessario chiarire quale sia il momento genetico del contratto collettivo, sia nazionale che integrativo, nel sistema della contrattazione collettiva propria del lavoro pubblico privatizzato.
Al riguardo mette conto anzitutto osservare che non soccorre pienamente, nella fattispecie, il disposto dell’art. 1326 cod. civ., che costituisce il paradigma normativo della conclusione del contratto nell’ordinamento civilistico e che in tale ordinamento è riferibile anche ai contratti collettivi di lavoro, giusta il quale “il contratto e’ concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell’accettazione dell’altra parte…”.
Infatti, nel caso della contrattazione collettiva di lavoro disciplinata dal dlgs 165/2001 e smi, in ragione dei suoi profili di specialità, prima che la parte pubblica risulti giuridicamente nella condizione di sottoscrivere il contratto collettivo quale fonte delle obbligazioni da esso scaturenti è necessario che sia stato positivamente esperito l’iter autorizzatorio previsto dallo stesso dlgs. 165/2001 e smi (e per il contratto integrativo eventualmente anche dal CCNL) del quale l’ipotesi di contratto sottoscritta dalle parti costituisce il presupposto ma che, ai fini dell’applicazione al personale del suo contenuto, non ha alcuna efficacia giuridica non essendo il contratto ancora venuto ad esistenza.
Ad ulteriore conferma di tale ricostruzione della disciplina sul momento genetico del contratto collettivo di lavoro e sul valore giuridico dell’ipotesi di contratto nel regime del dlgs. 165/2001 e smi, l’art. 40, comma 4 del medesimo testualmente recita: “Le pubbliche amministrazioni adempiono agli obblighi assunti con i contratti collettivi nazionali o integrativi dalla data della sottoscrizione definitiva e ne assicurano l’osservanza nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti”, così esplicitamente confermando nella “sottoscrizione definitiva” il momento genetico del contratto stesso.
In tale prospettiva ermeneutica deve essere correttamente interpretata la clausola dell’art. 16, comma 7 del CCNL 21.05.2018 la quale testualmente recita: “L’attribuzione della progressione economica orizzontale non può avere decorrenza anteriore al 1° gennaio dell’anno nel quale viene sottoscritto il contratto integrativo che prevede l’attivazione dell’istituto, con la previsione delle necessarie risorse finanziarie”.
Poiché la sopra ricordata disciplina contrattuale non consente interpretazioni contra litteram non si ritiene possibile la decorrenza retroattiva al 1° gennaio 2019.
Al riguardo si ritiene opportuno far presente che la prassi del tardivo avvio in corso d’anno delle trattative per il rinnovo del contratto integrativo e la sua sottoscrizione definitiva nell’anno successivo, oltre a non risultare rispondente al sistema negoziale configurato dalla disciplina legislativa e contrattuale, non consente neppure, intervenendo ad esercizio concluso, di attuare una corretta programmazione e gestione delle risorse finanziarie e umane.
Ai fini dell’attribuzione delle progressioni economiche orizzontali, le disposizioni dell’art. 16, comma 3, del CCNL 21.05.2018 possono essere interpretate nel senso che la valutazione di performance individuale triennale ivi richiesta può concernere due anni di valutazione relativi alla categoria per la quale è attivata la procedura di selezione (cat. D) ed un anno di valutazione nella categoria inferiore (cat. C5), oppure la valutazione triennale deve essere interamente riferita alla categoria per la quale è attivata la procedura (cat. D)?
Con riferimento alla questione in oggetto, si rileva che la disciplina dell’art. 16, comma 3 del CCNL 21.05.2018 prevede che le progressioni economiche possano essere attribuite sulla base della valutazione della performance individuale del personale relativa al triennio che precede l’anno in cui è adottata la decisione di attivare l’istituto senza distinguere, a questi fini, se la valutazione triennale si riferisce ad anni di attività lavorativa prestata in categorie differenti.
La disciplina contrattuale prevede, altresì, che ai fini della valutazione gli enti possono tenere conto anche, tra gli altri criteri, dell’esperienza maturata negli ambiti professionali di riferimento nonché delle competenze acquisite e certificate a seguito di processi formativi.
Si ritiene opportuno sottolineare che il triennio indicato nella richiamata norma non rappresenta un requisito di partecipazione, ma l’inderogabile arco temporale di riferimento relativo agli esiti della valutazione della performance individuale da considerare, in base al nuovo sistema, ai fini dell’attribuzione della progressione economica orizzontale.
Al riguardo, in forza della locuzione “performance individuale del personale”, si ritiene che, ai fini in parola, la valutazione della performance individuale del triennio non possa che avere riguardo, rispetto a ciascun candidato, alle risultanze dell’attività lavorativa dallo stesso effettivamente svolta nelle tre annualità di riferimento sulla base del proprio inquadramento giuridico ed economico.
Ove, pertanto, in una fattispecie come quella descritta, nel triennio 2017- 2019, un dipendente nel 2017 risulti ancora inquadrato nella categoria C e dal 2018 abbia acquisito un inquadramento in categoria D, fermo restando il possesso del requisito di 24 mesi di cui all’art. 16, comma 6, le risultanze della valutazione non potranno che fare riferimento alle prestazioni ed ai risultati effettivamente conseguiti dal dipendente nelle tre annualità di riferimento (un anno con inquadramento in categoria C e due anni con inquadramento in categoria D).
Ai fini della corretta applicazione dell’art. 69 del CCNL del 21 maggio 2018 può considerarsi coerente con la ratio della norma la previsione, in sede di contrattazione integrativa, di un premio individuale differenziato attribuibile ai dipendenti che abbiano conseguito una valutazione pari o superiore al 95%?
In caso affermativo, se nessun dipendente raggiunge la soglia richiesta, il complessivo importo destinato alla maggiorazione può essere distribuito a tutto il personale?
Con riferimento alla questione in oggetto, in merito alla corretta applicazione dell’istituto relativo alla differenziazione del premio individuale si ritiene opportuno osservare quanto segue.
L’art. 69 del CCNL delle Funzioni Locali del 21.5.2018, come noto, in materia di differenziazione del premio individuale, al comma 2, dispone che: “La misura di detta maggiorazione, definita in sede di contrattazione integrativa, non potrà comunque essere inferiore al 30% del valore medio pro-capite dei premi attribuiti al personale valutato positivamente ai sensi del comma 1” ed al comma 3 che “La contrattazione integrativa definisce altresì, preventivamente, una limitata quota massima di personale valutato, a cui tale maggiorazione può essere attribuita”.
Pertanto, la ricordata disciplina contrattuale demanda alla contrattazione di secondo livello, oltre alla misura della maggiorazione nel rispetto del valore minimo previsto dal CCNL, la definizione di una limitata quota massima di personale al quale, per aver conseguito la valutazione più elevata, potrà essere attribuita la maggiorazione del premio individuale scorrendo la graduatoria risultante dal sistema di valutazione adottato dall’ente fino a saturazione della quota predetta.
Si ritiene opportuno al riguardo precisare altresì che la disciplina contrattuale collettiva nazionale in parola non ha dato alla contrattazione integrativa alcuna delega negoziale per l’individuazione di una soglia valutativa cui collegare il riconoscimento della maggiorazione del premio individuale atteso che un simile meccanismo, come si evince dalla problematica dedotta con il secondo quesito, potrebbe oggettivamente prestarsi ad una applicazione elusiva della disciplina stessa.
Per agevolare la corretta applicazione della disciplina contrattuale collettiva in esame si ritiene opportuno suggerire il seguente percorso:
a) determinare preventivamente, nell’ambito delle risorse destinate a tale finalità, l’ammontare medio pro-capite del premio collegato alla performance individuale da riconoscere al personale valutato positivamente;
b) successivamente, in sede di contrattazione integrativa, definire il valore della maggiorazione del premio individuale, da riconoscere ai dipendenti che abbiano conseguito le valutazioni più elevate, in misura comunque non inferiore al 30% del valore medio dei premi come determinati alla lett. a)
c) determinare, sempre in sede di contrattazione integrativa, una limitata quota massima di personale valutato cui dovrà essere riconosciuta la maggiorazione di premio individuale, nell’importo di cui alla lett. b);
dalle complessive risorse destinate ai premi individuali, di cui alla lett. a), prelevare quelle destinate alla corresponsione della maggiorazione, calcolandole sulla base del valore della stessa, ai sensi della lett. b), e della limitata quota di personale di cui alla lett. c).
In relazione all’istituto delle ferie e riposi solidali di cui all’art. 30 del CCNL Funzioni Centrali 2016-2018 (in tutto e per tutto identico all’art. 30 del CCNL Funzioni Locali 2016-2018), esiste un termine di durata massima dell’assenza del dipendente fruitore?
Preliminarmente, si fa presente che la cessione a titolo gratuito di riposi e ferie maturati in favore dei lavoratori dipendenti dallo stesso datore di lavoro è stata introdotta dall’art. 24 del D. Lgs. n. 151/2015, che espressamente prevede che vi si possa dare attuazione “…nella misura, alle condizioni e secondo le modalità stabilite dai contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale applicabili al rapporto di lavoro”. Tale previsione ha dunque trovato realizzazione, per il personale del comparto delle Funzioni Centrali, con l’entrata in vigore dell’art. 30 del CCNL Funzioni Centrali del 12/02/2018, il quale disciplina compiutamente l’istituto dei riposi e delle ferie solidali con riguardo ai requisiti, condizioni e modalità di attuazione; come ad esempio, la volontarietà e gratuità della cessione, la necessità di dare assistenza ai figli minori bisognosi di costanti cure e l’idonea certificazione delle stesse.
E tuttavia, l’articolo in parola non indica alcun termine massimo di assenza del dipendente che usufruisce di detti riposi e ferie solidali, bensì si limita a prescrivere che il dipendente può “presentare specifica istanza all’Amministrazione, reiterabile, di utilizzo di ferie e giornate di riposo per una misura massima di 30 giorni per ciascuna domanda, …” (art. 30, comma 2 del CCNL citato). Gli unici obblighi presenti nel Contratto Collettivo, invero, sono la preventiva fruizione delle ordinarie ferie e riposi del dipendente (comma 7) e, il ritorno in disponibilità di quelle solidali allorquando cessino, prima della loro fruizione totale o parziale, le necessarie condizioni legittimanti delle stesse (comma 9).
Un dipendente che usufruisce delle ferie e riposi solidali di cui all’art. 30 del CCNL Funzioni Centrali 2016-2018 (di contenuto identico all’art. 30 del CCNL Funzioni Locali 2016-2018), durante la fruizione di queste, matura le ordinarie ferie ad esso spettanti?
L’art. 30 del CCNL Funzioni Centrali del 12/02/2018, dando attuazione all’art. 24 del D. Lgs. n. 151/2015, ha introdotto l’istituto contrattuale della cessione a titolo gratuito di riposi e ferie maturati in favore dei lavoratori dipendenti dallo stesso datore di lavoro.
La disciplina contrattuale prescrive compiutamente tale istituto con riguardo ai requisiti, condizioni e modalità di attuazione; come ad esempio, la volontarietà e gratuità della cessione, la necessità di dare assistenza ai figli minori bisognosi di costanti cure e l’idonea certificazione delle stesse; ma tace sul tema della maturazione delle ferie ordinarie durante la fruizione di quelle solidali.
Sul punto, dunque, questa Agenzia ritiene che la fruizione di ferie e riposi solidali non possa essere di ostacolo alla maturazione delle ferie annualmente spettanti al dipendente che ne usufruisce.