Confermando il consolidato orientamento della giurisprudenza contabile, la Sezione regionale di controllo dell’Abruzzo, con la delibera n. 269/2020/PAR, ha ribadito che l’art. 86, comma 2, del D.Lgs. n. 267/2000 può trovare applicazione solo quando il lavoratore autonomo, che ricopre una delle cariche previste dal primo comma dell’art. 86 in un ente avente la popolazione ivi prevista (nel caso dei comuni, sindaco, assessori se ente avente popolazione superiore ai 10.000 abitanti, presidenti dei consigli se ente avente popolazione superiore ai 50.000 abitanti), si astenga del tutto dall’attività lavorativa (circostanza che il lavoratore autonomo ha l’onere di comprovare in costanza di mandato amministrativo).
In particolare, l’orientamento della magistratura contabile (come da ultimo precisato dalla pronuncia della Sezione Liguria n.21/2019/PAR) a cui questa Sezione aderisce, è quello di ritenere che “ il riferimento effettuato dall’art. 86, comma 2, al “titolo previsto dal comma 1” debba essere collegato non solo all’oggetto del pagamento (gli oneri previdenziali, assistenziali e assicurativi), ma anche alla ragione che causalmente lo giustifica.
Quest’ultima è da rinvenirsi nel sostegno che l’ordinamento vuole assicurare a favore di chi opti per l’esclusività dell’incarico di amministratore, opzione che, in quanto tale, non può essere differentemente disciplinata per il lavoratore dipendente rispetto a chi non riveste tale posizione. Pertanto, la mancanza di un istituto, quale è l’aspettativa senza assegni, previsto per i soli lavoratori dipendenti, pubblici o privati e, finanche, la pratica difficoltà di verificare il mancato esercizio contemporaneo di professioni, arti e mestieri, da parte dell’amministratore locale, non può essere argomento per sostenere che l’art. 86, commi 1 e 2, TUEL, abbia ad oggetto fattispecie diversamente costruite a seconda che si abbia riguardo ai lavoratori dipendenti (comma 1) o a quelli non dipendenti (comma 2).
Diversamente opinando, del resto, si creerebbe una situazione di disparità di trattamento fra lavoratori dipendenti e non dipendenti in punto di percezione delle indennità previste dall’art. 82 TUEL. Quest’ultima norma, infatti, dispone che l’indennità di funzione, sia “dimezzata per i lavoratori dipendenti che non abbiano richiesto l’aspettativa”. A fronte del collocamento in aspettativa, oltre al mancato dimezzamento dell’indennità, il legislatore (art. 86, comma 1) concede all’amministratore che sia lavoratore dipendente il diritto al versamento dei contributi a carico dell’amministrazione presso cui espleta il mandato. Ove l’analogo beneficio, previsto dall’art. 86, comma 2, TUEL per i lavoratori non dipendenti, non fosse collegato alla esplicita rinuncia, durante il mandato, all’attività professionale espletata, questi ultimi verrebbero a cumulare due benefici, che il legislatore, per i lavoratori dipendenti, ritiene invece incompatibili (l’indennità di funzione in misura piena, ex art. 82, comma 1, TUEL, ed il versamento dei contributi sostitutivi, ex art. 86, comma 2, TUEL), oltre a continuare a svolgere la propria attività professionale o imprenditoriale (non dedicandosi a tempo pieno all’incarico di amministratore).
Il Collegio rileva, infine, che tali argomentazioni sono state ritenute condivisibili dal Ministero dell’Interno (n. 15900/TU/086 del 9 aprile 2014 e n. 15900/TU/00/86 del 4 agosto 2014), superando un precedente diverso avviso (parere del 17 febbraio 2004).