Il Comune non può determinare l’IMU in base ad una rendita che non trova riscontro nelle risultanze catastale, neppure nel caso in cui il cespite presenti elementi tali da comportare una diversa quantificazione del suo valore. Lo ha deciso la Commissione tributaria provinciale di Milano con la sentenza n. 336/2020, avente ad oggetto un avviso di accertamento emesso in relazione ad immobili acquistati nell’ambito di una impresa agricola e di produzione di energia elettrica attraverso un impianto di pannelli fotovoltaici.
Il Comune aveva infatti calcolato l’IMU considerando le componenti impiantistiche dell’immobile e non la rendita catastale attribuita dell’Agenzia del Territorio che, invece, non aveva considerato gli impianti fotovoltaici presenti.
Si ricorda che tale criterio non può essere applicato alle aree fabbricabili per le quali non vi è un valore certo e documentato a catasto. Per le aree infatti il valore è quello in comune commercio al 1° gennaio di ciascun anno: ne deriva che dovrà essere considerato corretto quello dichiarato dal contribuente con perizia giurata, ovvero quello risultante da atti aventi ad oggetto il cespite (ad es. di vendita, donazione o permuta).