Con la Risoluzione n. 5/DF pubblicata in data 8 giugno 2020, il MEF ha fornito diversi chiarimenti in merito al differimento dei termini di versamento dei tributi locali in considerazione dell’emergenza epidemiologica.
Innanzitutto il MEF ha chiarito che la riscossione non rientra tra le materie sottratte all’autonomia degli enti locali di cui all’articolo 52 del D. Lgs. n. 446/1997: questi ultimi possono quindi disciplinare all’interno del proprio regolamento le modalità di riscossione, ivi comprese quelle relative al differimento dei termini di versamento, entro i limiti stabiliti dal legislatore.
Con riferimento alle modalità di differimento, il Dipartimento delle Finanze ha chiarito che tale potere rientra nelle competenze del Consiglio Comunale; tuttavia, in considerazione di situazioni emergenziali, è percorribile altresì la possibilità di procedere mediante il ricorso alla delibera di Giunta Comunale purché l’atto sia ratificato, anche successivamente, dal Consiglio Comunale.
Menzione particolare viene fatta in merito al differimento dei termini di versamento dell’IMU: nel richiamare i commi 762 e 777 dell’articolo 1 della Legge n. 160/2019, il DF afferma che tale facoltà in tal caso è in via generale preclusa stante la scadenza disposta per Legge; tuttavia, qualora ricorrano “situazioni particolari” è facoltà dell’ente stabilire differimenti dei termini di versamento. Tale possibilità può essere però legittimamente esercitata dal Comune con esclusivo riferimento alle entrate di propria spettanza e non anche a quelle di competenza statale, le quali, per loro natura, sono interamente sottratte all’ambito di intervento della predetta potestà regolamentare dell’ente locale in materia tributaria. Tale principio porta ad escludere che possano essere deliberati dai Comuni interventi – anche di semplice differimento dei versamenti – aventi ad oggetto la quota IMU di competenza statale, relativa agli immobili accatastati in cat. D.
Infine, in merito alla facoltà di mantenere la scadenza dell’IMU al 16 giugno e non applicare le sanzioni e gli interessi a coloro che regolarizzano la propria posizione debitoria entro una data stabilita (si precisa che il 30 settembre cui si fa riferimento nella Risoluzione è data puramente indicativa, ed era stata suggerita da IFEL nello schema di delibera consiliare inerente il differimento dei termini di versamento, reso noto il 21 maggio scorso) il MEF evidenzia che: “[…] limitatamente alla quota Comune, nonché alla quota Stato in sede di accertamento, non sembra prospettabile la possibilità da parte del Comune di rinunciare integralmente alle sanzioni, poiché sono coperte dalla riserva di legge come statuito nella richiamata ordinanza del Consiglio di Stato n. 4989 del 2001. […] Alle stesse conclusioni del Giudice amministrativo perviene la giurisprudenza contabile, che si è espressa anche in materia di rinuncia agli interessi (Conti Corte dei Conte sezione di controllo per il Piemonte Parere n. 7/Par./2007, Corte dei Conti sezione di controllo per la regione siciliana decisione n. 106 del 2014 e Corte dei Conti sezione di controllo per la Lombardia parere n. 140 del 2018). In dette pronunce la Corte ha affermato che sul punto è consolidato il principio dell’indisponibilità dell’obbligazione tributaria, per cui l’ente locale non può rinunciare alle sanzioni e agli interessi relativi ai tributi non versati alle scadenze stabilite”.
A tal proposito si osserva che la risoluzione sembra non tenere conto di quanto stabilito dal comma 775 del richiamato articolo 1 della Legge di Bilancio 2020, il quale, con riferimento alla disciplina sanzionatoria, statuisce che: “[…] Resta salva la facoltà del comune di deliberare con il regolamento circostanze attenuanti o esimenti nel rispetto dei principi stabiliti dalla normativa statale”. Il Ministero non ha ritenuto inapplicabile la disposizione citata, anzi non ha nemmeno provveduto a richiamarla: non pare quindi illegittimo il comportamento del Comune che, alla luce del comma (circoscritto all’ambito di applicazione dell’IMU), disponga in tal senso. Si ritiene tuttavia che le circostanze debbano essere puntualmente regolamentate onde evitare di consentire una generica dilazione dei termini che contrasterebbe con la disciplina normativa e la giurisprudenza citata dallo stesso Dipartimento delle Finanze.